Ho una ferita nella caviglia sinistra. mi è venuta con un paio di scarpe che amo moltissimo.
La fine di una storia è a tutti gli effetti una ferita; sia che ci si lasci di comune accordo, che ci si lasci bene, con affetto e dolore, o male, con insulti e odio. sia che si lasci, o che si sia lasciati.
Per farti quella ferita, piccola o grande, con le tue scarpe preferite, ci devi aver camminato su parecchio. O ci hai fatto molta strada, macinato chilometri, camminando pian piano e godendoti il panorama, o forse ci hai ballato senza sosta come una pazza per una notte intera.
In ogni modo, la ferita da scarpe non è un taglio netto, ma più un'abrasione lenta lenta e inesorabile.
Magari a un certo punto te ne accorgi anche, che ti si sta arrossando la pelle, ma pensi che non possa rompersi, e allora vai avanti per la tua strada, e le scarpe non le togli.
La tua pelle ha bisogno di aria, di riposo, di coccole, ma tu la ignori.
Finché il taglio non si apre, comincia a sanguinare, e brucia. Brucia da morire.
Ed è allora che fare anche un solo passo, di quelli che hai appena fatto a centinaia, a migliaia, a milioni, diventa dolorosissimo.
Un solo, singolo, piccolo, usuale movimento fino a tre secondi prima innocuo, diventa un gesto di una violenza inaudita, che ti fa entrare i brividi nel cuore e ti paralizza.
Solo chi ha un paio di Jimmy Choo può capire davvero il dolore di questo brivido.
A fine serata, o a fine cammino, quando ti togli la scarpa, l'unica cosa che vuoi è allontanarla da te, per quanto la ami e l'abbia amata, e te la togli e la scagli lontano, con rabbia e amore al tempo stesso.
La mattina dopo ti alzi, scalza e arruffata come quando hai appena fatto l'amore, scendi dal letto e scendi per fare colazione. assonnata barcolli con la tua tazza di tè fino in salotto e ti butti sul divano, alzi lo sguardo e la vedi...lì tutta storta in un angolo tra il tappeto e il divano, dove l'avevi lanciata la notte prima. E la vai a prendere, con amore e un certo timore, e vorresti già rimetterla, perché in fondo in quella scarpa, ti senti a casa, per quanto ti faccia male.
E la guardi con più amore che mai, perché ti accorgi che scagliandola contro il divano, si è segnata la pelle, e sai di averla rovinata, e non sai se riuscirai a sistemarla. Dio quanto le vuoi bene adesso, e quanto ti dispiace di averla rovinata!
Il senso di colpa ti prende la testa, e ti si annebbiano di botto i pensieri e i sentimenti.
E le vuoi così bene che te la rimetti, senza pensarci, e porca merda se fa male.
Malissimo.
Malerrimo.
Dentro di te sai che prima di poter provare a rimetterla, dovrai aspettare che la ferita si rimargini.
Ma anche quando la ferita si sarà rimarginata, non sarà più la stessa cosa.
Anche se è la scarpa della tua vita, sarà sempre quella stronzissima scarpa che ti ha fatto sanguinare.
Ho paragonato una storia d'amore a una scarpa, è vero. Ma è una Jimmy Choo.
Nuovo titolo, nuova vita. my brand new blog, dopo un anno di erasmus a rennes la mia vita ricomincia da qui. dalle scarpe, una passione ereditata da mia nonna, e dai piedi, il contatto più semplice e genuino per sentire il mondo. e viverlo.
jeudi, février 18, 2016
La scia
Scrivo di getto di solito. scrivere è uno sfogo. scrivo perché ho troppe cose nella testa, e scriverle le libera, e mentre scrivo mi sento più leggera.
Sono piena di certezze, tutte assolute e incrollabili, ma ogni due minuti queste certezze cambiano, e ognuna è assoluta e incrollabile come la precedente.
E in questo turbinio di voci, colori, emozioni, fitte, mattoni che volano e pensieri assoluti, l'unica immagine costante è il consiglio più vecchio del mondo: "respira" mi dico.
Respira.
Respira.
Respira.
Un respiro è calmo e tranquillo, e quello dopo è fuoco.
Respira.
Respira.
Respira.
Voglio correrti incontro, abbracciarti, stringerti, farti sentire amato.
No.
Respira.
Respira.
Respira.
Concentrati su te stessa, ascoltati, prendi tempo.
Il tempo è sottovalutato.
Respira.
Respira.
Respira.
Corrimi incontro, stringimi, abbracciami, amami, tienimi forte.
No!
Respira.
Respira.
Respira.
Prenditi tempo, cambia prospettiva.
Anche quando prendi una strada sapendo dove vuoi andare, durante il cammino puoi cambiare meta.
Respira.
Respira.
Respira.
Voglio accendere la luce nei tuoi occhi con la mia magia!
No. Niente magia ti prego. Non farmi male, non ancora.
Respira.
Respira.
Respira.
L'unica cosa che non voglio fare è l'unica che devo fare: aspettare.
Sono piena di certezze, tutte assolute e incrollabili, ma ogni due minuti queste certezze cambiano, e ognuna è assoluta e incrollabile come la precedente.
E in questo turbinio di voci, colori, emozioni, fitte, mattoni che volano e pensieri assoluti, l'unica immagine costante è il consiglio più vecchio del mondo: "respira" mi dico.
Respira.
Respira.
Respira.
Un respiro è calmo e tranquillo, e quello dopo è fuoco.
Respira.
Respira.
Respira.
Voglio correrti incontro, abbracciarti, stringerti, farti sentire amato.
No.
Respira.
Respira.
Respira.
Concentrati su te stessa, ascoltati, prendi tempo.
Il tempo è sottovalutato.
Respira.
Respira.
Respira.
Corrimi incontro, stringimi, abbracciami, amami, tienimi forte.
No!
Respira.
Respira.
Respira.
Prenditi tempo, cambia prospettiva.
Anche quando prendi una strada sapendo dove vuoi andare, durante il cammino puoi cambiare meta.
Respira.
Respira.
Respira.
Voglio accendere la luce nei tuoi occhi con la mia magia!
No. Niente magia ti prego. Non farmi male, non ancora.
Respira.
Respira.
Respira.
L'unica cosa che non voglio fare è l'unica che devo fare: aspettare.
mercredi, février 17, 2016
La Torre
Poi mentre tu voli, ti arriva un mattone in testa.
Le domande di chi mi conosce bene sono i mattoni che mi stanno volando addosso adesso.
vanno in processione al fortino, tirano giù un mattone, mirano ben bene verso il cielo e...sbam, mi prendono in pieno.
ed è come se mi urlassi contro.
e penso, ma io ci volevo restare attaccata a te!, non desideravo altro che mi tirassi giù come si fa con i palloncini delle fiere a forma di Minion, e che mi stringessi così forte ma così forte da non permettermi di volare via mai più!! Eppure mentre mi tiri, io scalpito. E quando volo via, riprendo di colpo a respirare, in quella sofferenza che non si può spiegare.
vanno in processione al fortino, tirano giù un mattone, mirano ben bene verso il cielo e...sbam, mi prendono in pieno.
ed è come se mi urlassi contro.
e penso, ma io ci volevo restare attaccata a te!, non desideravo altro che mi tirassi giù come si fa con i palloncini delle fiere a forma di Minion, e che mi stringessi così forte ma così forte da non permettermi di volare via mai più!! Eppure mentre mi tiri, io scalpito. E quando volo via, riprendo di colpo a respirare, in quella sofferenza che non si può spiegare.
E allora forse ha ragione E., quando davanti a un tè mi guarda con affetto scuotendo la testa e dice: "sei proprio bilancia ascendente gemelli".
La giostra infernale - brucerò in un inferno ingegneristico altamente schematizzato
Mi friggono le piante dei piedi oggi.
Mi friggono come un tempo, più di un tempo, in modo diverso
da un tempo.
Ho nella testa così tante cose, che i pensieri più veri
scappano a gambe levate e vanno a rifugiarsi nei piedi, da dove vorrebbero
uscire; ma dato che non possono uscire, scalpitano. E scalpitando, friggono
friggono friggono.
Credo che il motivo per cui mi friggono i piedi sia questo.
Un po’ come quando mi bruciano le orecchie le volte che
mangio piccante. Io credevo che succedesse a tutti, invece da poco ho scoperto
che pare succeda solo a me.
Comunque, mi ero fissata sul ritornare me stessa, e l’altra
mattina a colazione (la colazione della mattina di San Valentino, ma questa è
un’latra storia), I. mi fa: “ma sei sicura che vuoi tornare quella di prima?”
mumble mumble.
Domanda da otto milioni di scellini. soprattutto perché,
essendo noi come un fiume che scorre, quando passo sotto il Ponte Dattaro sono una
persona diversa da quella che passa poi sotto il Ponte di Mezzo. Questo vale
ovviamente se sei parmigiana.
Non so bene sotto che ponte sono adesso, ma so che mi sto
portando dietro un bel po’ di detriti, ed ecco perché faccio così fatica a
camminare e ho sempre l’affanno. I detriti pesano. E sporcano.
Ci siamo lasciati? Mi hai lasciato? Ti ho lasciato? Ci siamo
persi? Ci siamo spenti? E’ colpa mia? Ci siamo disinnamorati? Ci siamo
abbruttiti? Era già finita tanto tempo fa ma ancora non lo sapevamo? Lo
sapevamo già? Ci siamo traditi? Ci siamo voluti bene? Ce ne vorremo sempre? Se
è destino torneremo insieme? Siamo troppo diversi per stare insieme?
vattelapesca.
E’ finita, e questa è l’unica cosa reale. Dividiamoci le
cose di casa, questo sì che è reale.
Amo gli Ingegneri, li ho sempre amati e sempre li amerò. E
forse sono destinata a sofferenza imperitura per questo.
Brucerò in un inferno di sofferenze organizzate.
E tutto per un interruttore, per colpa delle stramaledette
lucine.
Le lucine si accendono perché tu (io) schiacci un
interruttore. Tu (io) non sai cosa passa dall’interruttore alle lucine, lui
(lui!) sì. Per te (io) è magia, per lui (lui!) è realtà.
Uno scontro fra titani
insomma.
Uno scontro che inevitabilmente provoca scintille, incomprensioni,
dolori e picchi di emozioni.
Tu che voli, e lui che ti tira a terra.
Io che volo, e tu che mi tiri a te.
Poi un bel giorno le lucine non si accendono
più. E adesso siamo fregati entrambi, ma io più di te, perché la magia non mi
dice perché le luci non si accendono più, mentre a te l’ingegneria reale te lo
spiega, se tagli il cavo, apri la scatola elettrica, analizzi, e fai l’autopsia
al cadavere della nostra relazione.
Tu, volatrice professionista, non le capisci le cose se lui,
ingegnere reale, non te le spiega.
Io le cose non le capisco, se non ci sei tu che me le
spieghi.
dimanche, février 14, 2016
L'albatro
Spleen et idéal.
I fiori del male sono un'ottima lettura per un cuore frantumato nella mattina di San Valentino. Non scrivo più sul blog da anni, non perché siano stati anni particolarmente intensi o impegnati, ma semplicemente perché da quel lontano post in cui dichiaravo di essermi smarrita...così semplicemente non mi sono più ritrovata. Ho lasciato rovine lungo la strada, e lasciato palazzi imperiali alla mercé di vento, pioggia e intemperie. Ho passato i giorni a costruirmi un fortino attorno, mattone dopo mattone, lacrima dopo lacrima, ricacciata indietro invece che lasciata scorrere sulle guance per finire, impregnata di rimmel, a macchiarmi i vestiti. Ho smesso giorno dopo giorno di gioire delle piccole cose, vedere un bel fiore mi sembrava normale, come normale mi sembrava non sentire l'odore del viola. Sono diventata una specie di principessina del ghiaccio.
E adesso, che un giga martello di Thor si è abbattuto in picchiata sul mio tanto agognato fortino, i mattoni stanno cadendo, uno per uno, e mi colpiscono in testa, sul cuore, e sulla pancia, e fanno male. fanno davvero male.
E le lacrime che mi rigano le guance non sono macchiate di rimmel solo perché è mattina presto.
La sofferenza è così forte da non permettermi quasi di respirare, e le lacrime, che tanto bene ho imparato a tenere dentro, sgorgano in modo così naturale che sembra non si vogliano più fermare. E così, tra le lacrime e questa sofferenza atroce che non riesco a controllare, ho avuto un'illuminazione: ritrovare me stessa non vuol dire essere più forte, ma essere più fragile.
La sensibilità faceva di me la persona speciale che ero, quel cucciolo sperduto che senza una guida non ce l'avrebbe mai fatta nel mondo degli adulti.
Poi, tutto ad un tratto, mi sono trasformata in adulta, questo mondo ha smesso di sembrarmi una giungla e io ho smesso di guardarmi attorno, ho smesso di vivere le emozioni, perché avevo paura di soffrire.
E così, adesso soffro per tutto il tempo in cui sono stata rinchiusa.
Mattone dopo mattone.
Lacrima dopo lacrima.
E come l'albatro catturato, tanto ero bella mentre volavo in cielo con quelle ali bianche grandi e libere, tanto sono goffa e brutta catapultata nel mondo reale, in questo mondo che non mi appartiene.
I fiori del male sono un'ottima lettura per un cuore frantumato nella mattina di San Valentino. Non scrivo più sul blog da anni, non perché siano stati anni particolarmente intensi o impegnati, ma semplicemente perché da quel lontano post in cui dichiaravo di essermi smarrita...così semplicemente non mi sono più ritrovata. Ho lasciato rovine lungo la strada, e lasciato palazzi imperiali alla mercé di vento, pioggia e intemperie. Ho passato i giorni a costruirmi un fortino attorno, mattone dopo mattone, lacrima dopo lacrima, ricacciata indietro invece che lasciata scorrere sulle guance per finire, impregnata di rimmel, a macchiarmi i vestiti. Ho smesso giorno dopo giorno di gioire delle piccole cose, vedere un bel fiore mi sembrava normale, come normale mi sembrava non sentire l'odore del viola. Sono diventata una specie di principessina del ghiaccio.
E adesso, che un giga martello di Thor si è abbattuto in picchiata sul mio tanto agognato fortino, i mattoni stanno cadendo, uno per uno, e mi colpiscono in testa, sul cuore, e sulla pancia, e fanno male. fanno davvero male.
E le lacrime che mi rigano le guance non sono macchiate di rimmel solo perché è mattina presto.
La sofferenza è così forte da non permettermi quasi di respirare, e le lacrime, che tanto bene ho imparato a tenere dentro, sgorgano in modo così naturale che sembra non si vogliano più fermare. E così, tra le lacrime e questa sofferenza atroce che non riesco a controllare, ho avuto un'illuminazione: ritrovare me stessa non vuol dire essere più forte, ma essere più fragile.
La sensibilità faceva di me la persona speciale che ero, quel cucciolo sperduto che senza una guida non ce l'avrebbe mai fatta nel mondo degli adulti.
Poi, tutto ad un tratto, mi sono trasformata in adulta, questo mondo ha smesso di sembrarmi una giungla e io ho smesso di guardarmi attorno, ho smesso di vivere le emozioni, perché avevo paura di soffrire.
E così, adesso soffro per tutto il tempo in cui sono stata rinchiusa.
Mattone dopo mattone.
Lacrima dopo lacrima.
E come l'albatro catturato, tanto ero bella mentre volavo in cielo con quelle ali bianche grandi e libere, tanto sono goffa e brutta catapultata nel mondo reale, in questo mondo che non mi appartiene.
dimanche, avril 13, 2014
Il posto incantato dei sinonimi - nel boschetto della mia fantasia
Ingenuità e fiducia sono sinonimi?
mercredi, avril 09, 2014
Non è la meta ma il viaggio
Giorni fa sbiciclettavo in centro con D, voglio uno yogurt, dico.
Uno yogurt gelato della yogurteria del centro, di quelli tipo gigaenormi, con la frutta sotto, poi il gelato, poi la frutta sopra, e la cialda, il croccante, il cioccolato bianco, il miele, le fragole, l'ananas, uno di quelli che solo a guardarli hai la felicità nel cuore e l'estate negli occhi.
Niente, la yogurteria era chiusa.
Che smacco.
Fa niente, dico, c'è Grom in via farini (per inciso, grazie Federico Grom per aver portato al mio palato il caramello al sale - il mio animo francese ti sarà sempre grato per questa stupendezza), andiamo lì. sì, 20 minuti di coda. uff, no, la coda oggi no. Che non vuol dire che vai da grom un giorno che non c'è coda, ma semplicemente che ci vai un giorno che hai voglia di fare la coda.
Insomma, sbicicletta di qua, e sbicicletta di là, annusiamo un po' di primavera e torniamo a casa felici ma senza yogurt né negli occhi né nel cuore.
Stasera vado dal parrucchiere. Toh, il mio parrucchiere è in centro, e sono ben qualche minuto in anticipo!
Allora è fatta, questa volta la yogurteria (tutta la yogurteria!) è mia.
E così sia.
Vado, spavalda, prendo lo yogurt più fruttoso, bello, buono, colorato, gnammissimo che ci sia.
Un trionfo d'estate, a esser parchi.
Mi incammino felicerrima verso la pizza e in via cavour mi ruzzola davanti un cartellino di cartone.
"Vi prego. ho fame. aiuto."
Lo rincorro, lo riprendo, lo porgo al signore che fa l'elemosina davanti a Zara.
Gli chiedo ti piace lo yogurt?
Lui dice, sì.
Allora ti lascio il mio.
E gli allungo la ciotola con l'estate dentro.
Lui mi ringrazia, io gli dico prego, e proseguo per la mia strada.
Dopo qualche passo mi volto, vedo che si risiede, sistema il cartello, e mangia lo yogurt.
La gente mi guarda strano, mi hanno visto mentre gli davo il gelato e chissà cosa pensano - la gente.
Chissene, io sono contenta, a me quello yogurt mi è piaciuto di più così che se lo avessi mangiato io.
Uno yogurt gelato della yogurteria del centro, di quelli tipo gigaenormi, con la frutta sotto, poi il gelato, poi la frutta sopra, e la cialda, il croccante, il cioccolato bianco, il miele, le fragole, l'ananas, uno di quelli che solo a guardarli hai la felicità nel cuore e l'estate negli occhi.
Niente, la yogurteria era chiusa.
Che smacco.
Fa niente, dico, c'è Grom in via farini (per inciso, grazie Federico Grom per aver portato al mio palato il caramello al sale - il mio animo francese ti sarà sempre grato per questa stupendezza), andiamo lì. sì, 20 minuti di coda. uff, no, la coda oggi no. Che non vuol dire che vai da grom un giorno che non c'è coda, ma semplicemente che ci vai un giorno che hai voglia di fare la coda.
Insomma, sbicicletta di qua, e sbicicletta di là, annusiamo un po' di primavera e torniamo a casa felici ma senza yogurt né negli occhi né nel cuore.
Stasera vado dal parrucchiere. Toh, il mio parrucchiere è in centro, e sono ben qualche minuto in anticipo!
Allora è fatta, questa volta la yogurteria (tutta la yogurteria!) è mia.
E così sia.
Vado, spavalda, prendo lo yogurt più fruttoso, bello, buono, colorato, gnammissimo che ci sia.
Un trionfo d'estate, a esser parchi.
Mi incammino felicerrima verso la pizza e in via cavour mi ruzzola davanti un cartellino di cartone.
"Vi prego. ho fame. aiuto."
Lo rincorro, lo riprendo, lo porgo al signore che fa l'elemosina davanti a Zara.
Gli chiedo ti piace lo yogurt?
Lui dice, sì.
Allora ti lascio il mio.
E gli allungo la ciotola con l'estate dentro.
Lui mi ringrazia, io gli dico prego, e proseguo per la mia strada.
Dopo qualche passo mi volto, vedo che si risiede, sistema il cartello, e mangia lo yogurt.
La gente mi guarda strano, mi hanno visto mentre gli davo il gelato e chissà cosa pensano - la gente.
Chissene, io sono contenta, a me quello yogurt mi è piaciuto di più così che se lo avessi mangiato io.
dimanche, janvier 19, 2014
Di telefilm e altre amenità da divano durante le giornate uggiose
Prendete per esempio "La signora in giallo":
Jessica Fletcher è indubbiamente un noto personaggio menagramo, in ogniddove approda, qualcuno muore ammazzato e intere famiglie vengono straziate da drammi inenarrabili, la puntata finisce con minimo due membri familiari in meno - la vittima e l'assassino- perché si sa, il 90% degli omicidi viene commesso da persone vicine, ma molto molto vicine, ma ciò che rimane della famiglia after all è molto più sereno, e il tutto finisce sempre -ma sempre sempre semprissimo- con il faccione di J.B. che se la ride della grossa.
Bam! Titoli di coda!
E' rassicurante.
(grazie mia cara amica B per questo aggettivo, mi resterà sempre nel cuore, come le chat durante i pranzi davanti alla Fletcher).
Vuoi mettere?
Prendiamo adesso un altro telefilm, ma uno a caso -molto, molto, molto poco a caso- : Walking dead.
Pranzereste mai davanti a Walking dead? io no.
Di sicuro non ho voglia di mangiare del pesto di cavallo crudo mentre vedo budella e interiora insanguinate che escono da ogni dove -bleah- e gente morta che mangia gente viva, che poi diventerà a sua volta morta con il solo scopo nella morte di mangiare altra gente viva.
Lo guardereste la sera prima di addormentarvi?? io noooooooooooooooooooo.
Già ho paura del buio d'estate dopo aver visto Pane e tulipani.
In Walking dead poi, gli zombie sono davvero la parte meno paurosa del telefilm, questa è la vera verità, perché poi gli uomini diventano tipo peggio assassini e pazzi psicopatici dei non-morti, perché sono ancora vivi in un mondo post-apocalittico e vivi vogliono restare, quindi al via l'eterna lotta per tenere pulito il mio cortile buttando le scorie radioattive in quello del vicino. Magari ho perso un attimo il filo conduttore del telefilm, ma per capirci, ecco. Le persone vive possono essere molto più cattive degli zombie.
E' un concetto molto poco rassicurante, questo.
Soprattutto se sai che è la verità.
Ecco perché mi piace Castle: è una Fletcher al maschile, è come se fosse il suo erede.
C'è un omicidio, indagano, flirtano, trovano il colpevole, cercano di incastrarlo, è-lui-o-non-è-lui, mini colpo di scena, lo arrestano, fine!
I personaggi principali non muoiono, ci vanno vicino, ma sai che non muoiono. quindi puoi mangiare le tue macine e bere il tuo the senza che ti vadano di traverso, e poi puoi andare a letto senza sognare gente che mangia gente.
E' rassicurante.
Quindi D, se guardo Walking dead con te...non è perché mi piace il telefilm.
Jessica Fletcher è indubbiamente un noto personaggio menagramo, in ogniddove approda, qualcuno muore ammazzato e intere famiglie vengono straziate da drammi inenarrabili, la puntata finisce con minimo due membri familiari in meno - la vittima e l'assassino- perché si sa, il 90% degli omicidi viene commesso da persone vicine, ma molto molto vicine, ma ciò che rimane della famiglia after all è molto più sereno, e il tutto finisce sempre -ma sempre sempre semprissimo- con il faccione di J.B. che se la ride della grossa.
Bam! Titoli di coda!
E' rassicurante.
(grazie mia cara amica B per questo aggettivo, mi resterà sempre nel cuore, come le chat durante i pranzi davanti alla Fletcher).
Vuoi mettere?
Prendiamo adesso un altro telefilm, ma uno a caso -molto, molto, molto poco a caso- : Walking dead.
Pranzereste mai davanti a Walking dead? io no.
Di sicuro non ho voglia di mangiare del pesto di cavallo crudo mentre vedo budella e interiora insanguinate che escono da ogni dove -bleah- e gente morta che mangia gente viva, che poi diventerà a sua volta morta con il solo scopo nella morte di mangiare altra gente viva.
Lo guardereste la sera prima di addormentarvi?? io noooooooooooooooooooo.
Già ho paura del buio d'estate dopo aver visto Pane e tulipani.
In Walking dead poi, gli zombie sono davvero la parte meno paurosa del telefilm, questa è la vera verità, perché poi gli uomini diventano tipo peggio assassini e pazzi psicopatici dei non-morti, perché sono ancora vivi in un mondo post-apocalittico e vivi vogliono restare, quindi al via l'eterna lotta per tenere pulito il mio cortile buttando le scorie radioattive in quello del vicino. Magari ho perso un attimo il filo conduttore del telefilm, ma per capirci, ecco. Le persone vive possono essere molto più cattive degli zombie.
E' un concetto molto poco rassicurante, questo.
Soprattutto se sai che è la verità.
Ecco perché mi piace Castle: è una Fletcher al maschile, è come se fosse il suo erede.
C'è un omicidio, indagano, flirtano, trovano il colpevole, cercano di incastrarlo, è-lui-o-non-è-lui, mini colpo di scena, lo arrestano, fine!
I personaggi principali non muoiono, ci vanno vicino, ma sai che non muoiono. quindi puoi mangiare le tue macine e bere il tuo the senza che ti vadano di traverso, e poi puoi andare a letto senza sognare gente che mangia gente.
E' rassicurante.
Quindi D, se guardo Walking dead con te...non è perché mi piace il telefilm.
dimanche, mai 19, 2013
La metamorfosi (again)
Avevo già subito una metamorfosi anni fa.
Da eroina romantica a mostro mitologico.
Già in quella metamorfosi avevo perso il mio animo romantico, lo sturm und drang che aveva caratterizzato la mia adolescenza e l'ingresso nell'età "adulta", nella maturità dei sentimenti; ma si sa che io, in quanto a sfera sentimentale, sono maturata piuttosto tardi rispetto alla media nazionale.
Non credevo che subire un'ulteriore metamorfosi fosse possibile, invece mi ritrovo oggi ad affrontarla faccia a faccia, forse sono pronta ad affrontarla anche se sì, mi fa davvero tanta ma tanta paura.
Non scrivo più poesie tragiche sulle mie ansie e le mie solitudini (che sarebbe un bene se qualcuno le avesse mai lette, ma visto che non sono mai uscite dal cassetto, credo che non gliene freghi niente a nessuno...), non riesco più a sentire il profumo di polpa bianca di mela leggendo le poesie di Neruda, non trovo più le attese momenti pieni di mistero e magia, ma mi infastidisco se qualcuno ritarda o se il tizio davanti a me in macchina va ai 40 all'ora senza motivo.
Non osservo più le persone pensando che ci sia un mondo granderrimo e meraviglioso oltre ogni sguardo, ogni sorriso, non colgo più le variazioni dei colori nei refoli di vento che mi sfiorano il viso, ma il vento mi dà fastidio perché mi vanno i capelli davanti alla faccia.
Non mi rapiscono più come prima i modellati serici di Canova, le pennellate di Lautrec o i puntini di Seurat.
Non vedo più i colori nelle emozioni, e non sento i profumi nelle parole, non mischio più le sfere sensoriali.
Tutto questo è tremendo, mi sento superficiale e piatta come un'asse da stiro, mi sento come se la parte di me più "mia", più vera, fosse evaporata. Pouffffffffffff.
E pam, il vuoto assoluto; come un raviolo al vapore senza ripieno.
Ma c'è una cosa che mi consola: una lacrima è scesa davanti ad Amore e Psiche, quindi sì, una speranza c'è, io, da qualche parte, ci sono ancora. Devo solo uscire dal mio blocco di marmo.
Da eroina romantica a mostro mitologico.
Già in quella metamorfosi avevo perso il mio animo romantico, lo sturm und drang che aveva caratterizzato la mia adolescenza e l'ingresso nell'età "adulta", nella maturità dei sentimenti; ma si sa che io, in quanto a sfera sentimentale, sono maturata piuttosto tardi rispetto alla media nazionale.
Non credevo che subire un'ulteriore metamorfosi fosse possibile, invece mi ritrovo oggi ad affrontarla faccia a faccia, forse sono pronta ad affrontarla anche se sì, mi fa davvero tanta ma tanta paura.
Non scrivo più poesie tragiche sulle mie ansie e le mie solitudini (che sarebbe un bene se qualcuno le avesse mai lette, ma visto che non sono mai uscite dal cassetto, credo che non gliene freghi niente a nessuno...), non riesco più a sentire il profumo di polpa bianca di mela leggendo le poesie di Neruda, non trovo più le attese momenti pieni di mistero e magia, ma mi infastidisco se qualcuno ritarda o se il tizio davanti a me in macchina va ai 40 all'ora senza motivo.
Non osservo più le persone pensando che ci sia un mondo granderrimo e meraviglioso oltre ogni sguardo, ogni sorriso, non colgo più le variazioni dei colori nei refoli di vento che mi sfiorano il viso, ma il vento mi dà fastidio perché mi vanno i capelli davanti alla faccia.
Non mi rapiscono più come prima i modellati serici di Canova, le pennellate di Lautrec o i puntini di Seurat.
Non vedo più i colori nelle emozioni, e non sento i profumi nelle parole, non mischio più le sfere sensoriali.
Tutto questo è tremendo, mi sento superficiale e piatta come un'asse da stiro, mi sento come se la parte di me più "mia", più vera, fosse evaporata. Pouffffffffffff.
E pam, il vuoto assoluto; come un raviolo al vapore senza ripieno.
Ma c'è una cosa che mi consola: una lacrima è scesa davanti ad Amore e Psiche, quindi sì, una speranza c'è, io, da qualche parte, ci sono ancora. Devo solo uscire dal mio blocco di marmo.
vendredi, novembre 02, 2012
Ikea on a holy-day day
Sono andata all'Ikea ieri.
Una frase che detta da qualunque persona normale sarebbe normalissima.
Detta da me un po' meno, considerato che io, all'Ikea, non c'ero mai stata, per una serie di motivi:
- non avevo posto in casa neanche per uno spillo, ergo è una tortura vedere settemila cose carinerrime sapendo di non poterne comprare neanche mezza
- mi vengono gli attacchi di panico nei posti con i percorsi prestabiliti
- c'è troppa gente (per sentito dire, ovviamente)
Ma c'è sempre una prima volta.
La mia prima volta è andata bene ben oltre le aspettative:
ho comprato un carrello di roba, mi sono persa nei colori e negli abbinamenti, mi è venuta voglia di comprare una cucina, e a vedere gli appartamenti di 55 m/q arredati quasi quasi mi veniva voglia di traslocare direttamente nello show room.
Una volta uscita ho addirittura:
- fatto merenda all'angolo pappa
- comprato il salmone e le patatine
Ha ragione D, il mio ragazzo che ha fatto sì che io non morissi nello show room in mezzo alla calca del giorno di festa: sono dei geni, quelli dell'Ikea.
Sono a tutti gli effetti una donna Ikea-dipendente.
Una frase che detta da qualunque persona normale sarebbe normalissima.
Detta da me un po' meno, considerato che io, all'Ikea, non c'ero mai stata, per una serie di motivi:
- non avevo posto in casa neanche per uno spillo, ergo è una tortura vedere settemila cose carinerrime sapendo di non poterne comprare neanche mezza
- mi vengono gli attacchi di panico nei posti con i percorsi prestabiliti
- c'è troppa gente (per sentito dire, ovviamente)
Ma c'è sempre una prima volta.
La mia prima volta è andata bene ben oltre le aspettative:
ho comprato un carrello di roba, mi sono persa nei colori e negli abbinamenti, mi è venuta voglia di comprare una cucina, e a vedere gli appartamenti di 55 m/q arredati quasi quasi mi veniva voglia di traslocare direttamente nello show room.
Una volta uscita ho addirittura:
- fatto merenda all'angolo pappa
- comprato il salmone e le patatine
Ha ragione D, il mio ragazzo che ha fatto sì che io non morissi nello show room in mezzo alla calca del giorno di festa: sono dei geni, quelli dell'Ikea.
Sono a tutti gli effetti una donna Ikea-dipendente.
jeudi, mars 05, 2009
le donne sono come l'htc diamond
Una serata piovosa di inizio marzo, un panino del chelsea e una birra amara, una buona compagnia e qualche innocua chiacchiera possono produrre incredibili verità assolute sulla natura umana. femminile, in questo specifico caso.
C ha tenut
o l'htc diamond -un cellulare di ultima generazione. anzi no, un computer tascabile e fichissimo che, al bisogno, telefona. ma fare una telefonata è complicatissimo, ci vogliono almeno due ingegneri- dicevo, C ha tenuto questo gioellino in prova una settimana, sono usciti insieme, si sono spogliati e ammirati, conosciuti e...
alla fine della settimana il risultato è questo: C è innamoratissimo, htc è bello, stiloso, fa figura con gli amici, con una silhouette a dir poco invidiabile, accattivante.
MA.
ma la batteria dura poco, anzi pochissimo se ci gigioneggi un po', e telefonare e scrivere un semplice sms sono una vera missione. soprattutto per un uomo con le dita da uomo.
Un sorso di birra e poi l'ardua sentenza: "mi sono proprio innamorato, ma non lo compro. è splendido, ma ha delle "pecche" (l'originale non era così ma il mio compagno di birre mi perdonerà) assolutamente inaffrontabili".
io prontamente, e ingenuamente (parlo quasi sempre così, ingenuamente, io) e candidamente: "come una donna".
the golden bowl.
C ha tenut

alla fine della settimana il risultato è questo: C è innamoratissimo, htc è bello, stiloso, fa figura con gli amici, con una silhouette a dir poco invidiabile, accattivante.
MA.
ma la batteria dura poco, anzi pochissimo se ci gigioneggi un po', e telefonare e scrivere un semplice sms sono una vera missione. soprattutto per un uomo con le dita da uomo.
Un sorso di birra e poi l'ardua sentenza: "mi sono proprio innamorato, ma non lo compro. è splendido, ma ha delle "pecche" (l'originale non era così ma il mio compagno di birre mi perdonerà) assolutamente inaffrontabili".
io prontamente, e ingenuamente (parlo quasi sempre così, ingenuamente, io) e candidamente: "come una donna".
the golden bowl.
mercredi, février 11, 2009
volevo un portachiavi rosa _ il posto delle fragole
oggi è una giornata fortunata, ma cominciamo dal principio.
ossia da Natale, anzi, da prima di Natale. fino ad allora avevo un portachiavi, accuratamente scelto come tutti i miei portachiavi, a forma di muso di micio, nero e molto molto bello, che un giorno ha deciso di voler fare il gatto di strada e mi ha tristemene abbandonata. bu.
la mia mamma, vedendomi mogia, ha pensato di regalarmi un sostituto a tema: un Babbo Natale ciccionissimo di plastica semi trasparente, con due piccole palline di metallo alla base, che se sfiorate, accendevano di lampi colorati intermittenti blu rossi e gialli il mio ciccio babbo.
una piccola fiera ambulante natalizia, utilissima per trovare le chiavi di casa nel caos della borsetta femminile alle tre di notte al cancello. o anche alle cinque di pomeriggio, tanto faceva buio uguale.
mentre trascorrevo serena le feste, un giorno, girando al mio spaccio privato di portachiavi, ne ho visto uno troppo bello e ho deciso all'istante che sarebbe stato il sostituto del sostituto a tema.
detto fatto, preso e portato a casina.
poi viene capodanno, io prendo e parto, me ne vado a tegge a passare qualche giorno tra neve e camini e nullafacenza allo stato brado.
tutto scorre tranquillo fino alla telefonata da casa del primo dell'anno: tutti i parenti sono a casa mia a pranzo, vale a dire nonni, zii e cugina con difanzato.
mamma mi fa parlare con tutti poi dolcemente e molto ingenuamente, dice "ah, c'era qui un portachiavi, silvia (la cugina) l'ha visto e molto apprezzato, così le ho detto che glielo regalavo, di prenderlo pure. ho fatto bene, vero?"
"..." in risposta, il silenzio.
poi, dopo un attimo di luttuoso silenzio per la perdita, "ecco, adesso glielo richiedi indietro!!"
ovviamente cuore di zia non l'ha fatto!
tornata dalla montagna innevata mi sono precipitata dal mio spacciatore di oggettistica e frizzi e lazzi di fiducia e me lo sono ricomprata, uguale identico. ecco.
sono tornata a casa e l'ho messo via, ricordo benissimo di avere sussurrato mentre lo posavo "adesso lo metto qui in un posto sicuro così nessuno me lo ruba".
mai frase fu più veritiera.
finite le feste, tipo dopo Sant'Ilario, continuare a viaggiare con un babbo fluorescente che si illuminava al minimo movimento mi pareva un po' fuori luogo, così finalmente una sera mi sono detta che era il momento giusto per spianare la mia nuova fragola rosa fiammante!
piccolo problema: l'avevo messa in un posto sicuro-ma-così-sicuro da metterla al sicuro anche da me stessa. doh!
fino a stasera. mamma ha curiosato in camera mia (benedetta la curiosità materna, con sprezzo del pericolo e del disordine mostruoso) e aprendo un'innocua scatola...ha trovato la mia fragola rosa fiammante.
ho il mio nuovo portachiavi, preludio di estate, gelati, giri per la città deserta in bicicletta e ancora gelati.
e magari...
ossia da Natale, anzi, da prima di Natale. fino ad allora avevo un portachiavi, accuratamente scelto come tutti i miei portachiavi, a forma di muso di micio, nero e molto molto bello, che un giorno ha deciso di voler fare il gatto di strada e mi ha tristemene abbandonata. bu.
la mia mamma, vedendomi mogia, ha pensato di regalarmi un sostituto a tema: un Babbo Natale ciccionissimo di plastica semi trasparente, con due piccole palline di metallo alla base, che se sfiorate, accendevano di lampi colorati intermittenti blu rossi e gialli il mio ciccio babbo.
una piccola fiera ambulante natalizia, utilissima per trovare le chiavi di casa nel caos della borsetta femminile alle tre di notte al cancello. o anche alle cinque di pomeriggio, tanto faceva buio uguale.

mentre trascorrevo serena le feste, un giorno, girando al mio spaccio privato di portachiavi, ne ho visto uno troppo bello e ho deciso all'istante che sarebbe stato il sostituto del sostituto a tema.
detto fatto, preso e portato a casina.
poi viene capodanno, io prendo e parto, me ne vado a tegge a passare qualche giorno tra neve e camini e nullafacenza allo stato brado.
tutto scorre tranquillo fino alla telefonata da casa del primo dell'anno: tutti i parenti sono a casa mia a pranzo, vale a dire nonni, zii e cugina con difanzato.
mamma mi fa parlare con tutti poi dolcemente e molto ingenuamente, dice "ah, c'era qui un portachiavi, silvia (la cugina) l'ha visto e molto apprezzato, così le ho detto che glielo regalavo, di prenderlo pure. ho fatto bene, vero?"
"..." in risposta, il silenzio.
poi, dopo un attimo di luttuoso silenzio per la perdita, "ecco, adesso glielo richiedi indietro!!"
ovviamente cuore di zia non l'ha fatto!
tornata dalla montagna innevata mi sono precipitata dal mio spacciatore di oggettistica e frizzi e lazzi di fiducia e me lo sono ricomprata, uguale identico. ecco.
sono tornata a casa e l'ho messo via, ricordo benissimo di avere sussurrato mentre lo posavo "adesso lo metto qui in un posto sicuro così nessuno me lo ruba".
mai frase fu più veritiera.
finite le feste, tipo dopo Sant'Ilario, continuare a viaggiare con un babbo fluorescente che si illuminava al minimo movimento mi pareva un po' fuori luogo, così finalmente una sera mi sono detta che era il momento giusto per spianare la mia nuova fragola rosa fiammante!
piccolo problema: l'avevo messa in un posto sicuro-ma-così-sicuro da metterla al sicuro anche da me stessa. doh!
fino a stasera. mamma ha curiosato in camera mia (benedetta la curiosità materna, con sprezzo del pericolo e del disordine mostruoso) e aprendo un'innocua scatola...ha trovato la mia fragola rosa fiammante.
ho il mio nuovo portachiavi, preludio di estate, gelati, giri per la città deserta in bicicletta e ancora gelati.
e magari...
my fourth first day
Ci ho fatto due rapidi calcoli poco fa, è il quarto lavoro da quando sono tornata dalla Francia.
ero tutta emozionata ieri, un po' timorosa e piena di domande ancor prima di iniziare...stasera ne ho almeno il triplo.
sono arrivata in ufficio stamattina alle nove e, in ordine, ho:
- conosciuto i colleghi
- iniziato a fare domande
- avuto un planning per la giornata e per la settimana
- avuto la mia posta - attiva già dalla settimana precedente -
- avuto il telefono con il mio nome (che cosa tenera)
- affiancato le colleghe a turno per farmi spiegare i vari compiti
- fatto fotocopie
- preso della cancelleria nella magica stanza stationery
- partecipato a un meeting
sono uscita da quella stanza e dalla giornata, letteramente bombardata di informazioni, con ottomila domande che sicuramente la mia collega mi ha letto negli occhi e alle quali ha carinamente risposto "ci pensiamo domani".
segue una brioche gigante alla marmellata, meritatissima.
ad ora, la mia stanza preferita è la stationery: quant'è bella e colorata!
ero tutta emozionata ieri, un po' timorosa e piena di domande ancor prima di iniziare...stasera ne ho almeno il triplo.
sono arrivata in ufficio stamattina alle nove e, in ordine, ho:
- conosciuto i colleghi
- iniziato a fare domande
- avuto un planning per la giornata e per la settimana
- avuto la mia posta - attiva già dalla settimana precedente -
- avuto il telefono con il mio nome (che cosa tenera)
- affiancato le colleghe a turno per farmi spiegare i vari compiti
- fatto fotocopie
- preso della cancelleria nella magica stanza stationery
- partecipato a un meeting
sono uscita da quella stanza e dalla giornata, letteramente bombardata di informazioni, con ottomila domande che sicuramente la mia collega mi ha letto negli occhi e alle quali ha carinamente risposto "ci pensiamo domani".
segue una brioche gigante alla marmellata, meritatissima.
ad ora, la mia stanza preferita è la stationery: quant'è bella e colorata!
Libellés :
il lavoro nobilita l'uomo (e la donna)
mercredi, février 04, 2009
lundi, février 02, 2009
è la vita che mi parla
per la seconda volta nel giro di pochi mesi ho la netta impressione che la vita mi stia parlando.
la prima volta è successo un pomeriggio piovoso, stavo andando in centro e sulla mia strada, presumibilmente diretta anche lei verso un aperitivo infrasettimanale, incontro un'ex professoressa (non mia, solo una signora che faceva la professoressa e ora è in pensione) un po' originale.
va spesso a fare aperitivi, è sempre in giro, e se chiedi di lei ai suoi studenti, quel che ne ricavi sono esclamazioni di ogni genere e tipo, tutte manifestazioni simpatiche e affettuose, ma a dir poco bizzarre, come lei.
è decisamente un tipo. uno di quei tipi che attaccano bottone con tutti sull'autobus, ti chiedono cosa fai-dove-vai-con-chi-vai-e-perchè, ti chiedono cosa fai nella vita e cosa vuoi fare da grande, e ti danno consigli (ovviamente non richiesti ma sempre graditissimi) su come fare cosa nella vita. loro che la vita l'hanno vissuta. e bene, a giudicare dalla joie de vivre che trasmettono sul bus alle sette di mattino!
ecco, quel giorno quando l'ho incntrata ho avuto un sobbalzo, è stato come vedere me stessa proiettata nel futuro, al di là della strada, tra una cinqantina d'anni.
eravamo vestite in modo identico:
- piumino nero
- cappello rosso
- borsa rossa (in tinta)
- ombrello fantasia sul rosso (in tinta)
- la stessa aria allegra e spensierata
- sorriso
quella è stata la prima netta sensazione della vita che mi parlava. non so se ho capito giusto, ma intanto ho diminuito gli aperitivi...
la seconda volta è stata ieri sera.
è da ferragosto che non mi ammalo, al massimo un po' di raffreddore mattutino, ma che scemava nel giro di poche ore. complici la dieta dei limoni e le vitamine effervescenti, non avevo mai fatto un inverno così, niente febbre, nè influenza nè altre catastrofi para-salutari, semplicemente in formissima.
con oggi inizia una settimana importante; oggi avrei dovuto avere un esame e domani un altro appuntamento a cui tengo. tanto.
esame oggi, appuntamento domani, dentista mercoledì. tutto organizzato benissimo, al di là di ogni più rosea aspettativa.
e invece no!
ieri sera scopro che l'esame, per motivi istituzionali, è stato spostato. indovino a quando?! a domani, che domande.
e mi è pure scoppiato il raffreddore ieri sera, e io posso pure avere la febbre a 40.5 che non ho nessun tipo di problema, ma il raffreddore no. io odio non respirare. io ho bisogno di respirare.
non c'è stato verso di chiudere occhio.
allordunque, io penso:
da agosto a febbraio, due cose importanti lo stesso giorno, la neve e il raffreddore.
...detta così in effetti non suona poi così grave.
ma sono sicura, è di nuovo la vita che mi parla, però giuro che stavolta io proprio non la sto capendo.
la prima volta è successo un pomeriggio piovoso, stavo andando in centro e sulla mia strada, presumibilmente diretta anche lei verso un aperitivo infrasettimanale, incontro un'ex professoressa (non mia, solo una signora che faceva la professoressa e ora è in pensione) un po' originale.
va spesso a fare aperitivi, è sempre in giro, e se chiedi di lei ai suoi studenti, quel che ne ricavi sono esclamazioni di ogni genere e tipo, tutte manifestazioni simpatiche e affettuose, ma a dir poco bizzarre, come lei.
è decisamente un tipo. uno di quei tipi che attaccano bottone con tutti sull'autobus, ti chiedono cosa fai-dove-vai-con-chi-vai-e-perchè, ti chiedono cosa fai nella vita e cosa vuoi fare da grande, e ti danno consigli (ovviamente non richiesti ma sempre graditissimi) su come fare cosa nella vita. loro che la vita l'hanno vissuta. e bene, a giudicare dalla joie de vivre che trasmettono sul bus alle sette di mattino!
ecco, quel giorno quando l'ho incntrata ho avuto un sobbalzo, è stato come vedere me stessa proiettata nel futuro, al di là della strada, tra una cinqantina d'anni.
eravamo vestite in modo identico:
- piumino nero
- cappello rosso
- borsa rossa (in tinta)
- ombrello fantasia sul rosso (in tinta)
- la stessa aria allegra e spensierata
- sorriso
quella è stata la prima netta sensazione della vita che mi parlava. non so se ho capito giusto, ma intanto ho diminuito gli aperitivi...
la seconda volta è stata ieri sera.
è da ferragosto che non mi ammalo, al massimo un po' di raffreddore mattutino, ma che scemava nel giro di poche ore. complici la dieta dei limoni e le vitamine effervescenti, non avevo mai fatto un inverno così, niente febbre, nè influenza nè altre catastrofi para-salutari, semplicemente in formissima.
con oggi inizia una settimana importante; oggi avrei dovuto avere un esame e domani un altro appuntamento a cui tengo. tanto.
esame oggi, appuntamento domani, dentista mercoledì. tutto organizzato benissimo, al di là di ogni più rosea aspettativa.
e invece no!
ieri sera scopro che l'esame, per motivi istituzionali, è stato spostato. indovino a quando?! a domani, che domande.
e mi è pure scoppiato il raffreddore ieri sera, e io posso pure avere la febbre a 40.5 che non ho nessun tipo di problema, ma il raffreddore no. io odio non respirare. io ho bisogno di respirare.
non c'è stato verso di chiudere occhio.
allordunque, io penso:
da agosto a febbraio, due cose importanti lo stesso giorno, la neve e il raffreddore.
...detta così in effetti non suona poi così grave.
ma sono sicura, è di nuovo la vita che mi parla, però giuro che stavolta io proprio non la sto capendo.
samedi, janvier 31, 2009
the more i study, the less i know
spesso l'ignoranza spinge al sapere, e il sapere è come l'appetito, più sai e più ne vuoi sapere. come l'appetito appunto, la fame vien mangiando.
la questione è che ci sono talmente tante cose da sapere, che prima o poi devi mettere dei confini allo scibile immagazzinabile, soprattutto in tema di esami, e il risultato è sempre lo stesso, ti sembra di sapere meno di quando hai iniziato a studiare.
prendiamo quello che sto studiando ora, arte e moda. futuristi, jugendstil, costruttivismo russo, wiener werkstaette e tutti i loro personaggi con le loro idee bizzare e i loro matrimoni. tutti sposati tra di loro, si sono tutti incontrati almeno una volta, viaggiavano più di noi, facevano un sacco di vita mondana e si influenzavano a vicenda. più cose studio, più cose voglio approfondire.
mi piace studiare, peccato che poi me lo dimentichi.
la questione è che ci sono talmente tante cose da sapere, che prima o poi devi mettere dei confini allo scibile immagazzinabile, soprattutto in tema di esami, e il risultato è sempre lo stesso, ti sembra di sapere meno di quando hai iniziato a studiare.
prendiamo quello che sto studiando ora, arte e moda. futuristi, jugendstil, costruttivismo russo, wiener werkstaette e tutti i loro personaggi con le loro idee bizzare e i loro matrimoni. tutti sposati tra di loro, si sono tutti incontrati almeno una volta, viaggiavano più di noi, facevano un sacco di vita mondana e si influenzavano a vicenda. più cose studio, più cose voglio approfondire.
mi piace studiare, peccato che poi me lo dimentichi.
vendredi, janvier 30, 2009
a little obsessed by
Stanotte ho sognato che andavo in giro a cercare e provare una marea di scarpe. ballerine nere con dei ricami grigio sporco, ballerine rosse di vernice (queste erano le mie preferite), ballerine con le borchiette, scarpe con tacco alto nere, stivaletti bianchi e neri stile francesina tacco alto, scarpe basse francesine verdine acqua, scarpe con tacco bassino un po' insipidine, stivali...ricordo distintamente un solo negozio, era Pollini, strano perchè io da Pollini non ci ho mai comprato scarpe in vita mia...alla fine, dopo aver girato come una trottola, mi sono svegliata senza avere comprato nulla.
il che rende il sogno decisamente un sogno, perchè io che vado in giro a provare tante scarpe senza comprarne almeno due o tre paia decisamente non sono credibile.
Mi ricordo come fosse ieri la prima notte che ho sognato. da quando sono piccolina ricordo di aver fatto solo incubi, fino a quel giorno. c'era un incubo in particolare poi che mi ha perseguitato per mesi, lo facevo uguale identico tutte le notti, tanto che a sera avevo paura a chiudere gli occhi, cercavo di stare sveglia il più a lungo possibile perchè sapevo cosa mi stava aspettando e non volevo andare dal dentis
ta. che ovviamente un dentista non era...
poi un due di luglio, in una delle mie vacanze cittadine tra il mio soggiorno francese, sono andata a una grigliata, ho respirato a pieni polmoni il profumo del barbecue e mangiato carne, chiacchierato, sentito il caldo delle sere estive sulla pelle...tutte sensazioni che la pioggia bretone aveva lavato via persino dalla mia memoria.
sono tornata a casa felice e mi sono addormentata. al mio risveglio quasi non ci potevo credere...stavo sognando! un sogno vero, bello! non angosciante, niente di allucinato o troppo attinente con la vita reale, ma un sogno vero, fantasia e magia che si prendono per mano e volano in cielo, come danny e sandy sulla macchina dopo la festa di diploma della Rydell.
da quel due di luglio non ho più smesso di sognare.
il che rende il sogno decisamente un sogno, perchè io che vado in giro a provare tante scarpe senza comprarne almeno due o tre paia decisamente non sono credibile.
Mi ricordo come fosse ieri la prima notte che ho sognato. da quando sono piccolina ricordo di aver fatto solo incubi, fino a quel giorno. c'era un incubo in particolare poi che mi ha perseguitato per mesi, lo facevo uguale identico tutte le notti, tanto che a sera avevo paura a chiudere gli occhi, cercavo di stare sveglia il più a lungo possibile perchè sapevo cosa mi stava aspettando e non volevo andare dal dentis

poi un due di luglio, in una delle mie vacanze cittadine tra il mio soggiorno francese, sono andata a una grigliata, ho respirato a pieni polmoni il profumo del barbecue e mangiato carne, chiacchierato, sentito il caldo delle sere estive sulla pelle...tutte sensazioni che la pioggia bretone aveva lavato via persino dalla mia memoria.
sono tornata a casa felice e mi sono addormentata. al mio risveglio quasi non ci potevo credere...stavo sognando! un sogno vero, bello! non angosciante, niente di allucinato o troppo attinente con la vita reale, ma un sogno vero, fantasia e magia che si prendono per mano e volano in cielo, come danny e sandy sulla macchina dopo la festa di diploma della Rydell.
da quel due di luglio non ho più smesso di sognare.
vendredi, janvier 23, 2009
il mio (ex) piccolo mondo
si sta sgretolando.
avevo un lavoro, avevo un posto dove pranzare, con la mia cameriera preferita, bella e brava la più bella e brava di tutte, avevo una profumeria, la mia profumeria preferita con la mia profumiera preferita, avevo il mio bello al bar, che pranzava al suo tavolo con le sue colleghe e vestiva elegante molto gagà, avevo le colleghe con cui parlare di altri non-colleghi che come noi pranzavano insieme e che facevano il nostro stesso lavoro.
avevo il mio piccolo mondo lavorativo che funzionava perchè tutti gli ingranaggi si oliavano alla perfezione, alla perfezione incastrandosi tra loro.
ora quel lavoro non l'ho più, la mia barista bella e brava più di tutte se ne è andata, la mia profumiera preferita si è licenziata, l'elegante gagà è stato trasferito fuori città, le mie colleghe non ci sono più e i non-colleghi nemmeno.
queste notizie tutte insieme nell'arco di una manciata di minuti mi hanno spaesata...io me ne sono andata e quel piccolo angolo di mondo in cui mi ero incastrata a pennello portando qualche fiore colorato e più di qualche urletto si è semplicemente frantumato.
è incredibile come un solo minuscolo tassello possa rovinare un intero microcosmo, ed è altrettando incredibile la forza dell'effetto domino, che spezza gli equilibri e crea prima scompiglio poi vuoto.
avevo circa quattordici anni, tutte le mie amiche avevano il fidanzatino (uno o più d'uno spesso e volentieri) e io no, ed ero convintissima che il problema fosse in me, nel senso proprio che pensavo che nessuno mi volesse e che se solo uno mi avesse voluto, potenzialmente sarebbe potuto essere il mio Azzurro Principe. ero seriamente convinta che non ci volesse niente a far funzionare un rapporto di coppia, e che, smussando qualche spigolatura, due persone -qualsiasi- potessero incastrarsi e divertirsi e amarsi. all'ennesima potenza, alla perfezione. di quei risi finti ma felici che si vedono nei film, e di film di quel genere a quattordici anni se ne vede un'enormità.
è incredibile quanto fossi convinta delle cose più strane a quell'età.
avevo un lavoro, avevo un posto dove pranzare, con la mia cameriera preferita, bella e brava la più bella e brava di tutte, avevo una profumeria, la mia profumeria preferita con la mia profumiera preferita, avevo il mio bello al bar, che pranzava al suo tavolo con le sue colleghe e vestiva elegante molto gagà, avevo le colleghe con cui parlare di altri non-colleghi che come noi pranzavano insieme e che facevano il nostro stesso lavoro.
avevo il mio piccolo mondo lavorativo che funzionava perchè tutti gli ingranaggi si oliavano alla perfezione, alla perfezione incastrandosi tra loro.
ora quel lavoro non l'ho più, la mia barista bella e brava più di tutte se ne è andata, la mia profumiera preferita si è licenziata, l'elegante gagà è stato trasferito fuori città, le mie colleghe non ci sono più e i non-colleghi nemmeno.
queste notizie tutte insieme nell'arco di una manciata di minuti mi hanno spaesata...io me ne sono andata e quel piccolo angolo di mondo in cui mi ero incastrata a pennello portando qualche fiore colorato e più di qualche urletto si è semplicemente frantumato.
è incredibile come un solo minuscolo tassello possa rovinare un intero microcosmo, ed è altrettando incredibile la forza dell'effetto domino, che spezza gli equilibri e crea prima scompiglio poi vuoto.
avevo circa quattordici anni, tutte le mie amiche avevano il fidanzatino (uno o più d'uno spesso e volentieri) e io no, ed ero convintissima che il problema fosse in me, nel senso proprio che pensavo che nessuno mi volesse e che se solo uno mi avesse voluto, potenzialmente sarebbe potuto essere il mio Azzurro Principe. ero seriamente convinta che non ci volesse niente a far funzionare un rapporto di coppia, e che, smussando qualche spigolatura, due persone -qualsiasi- potessero incastrarsi e divertirsi e amarsi. all'ennesima potenza, alla perfezione. di quei risi finti ma felici che si vedono nei film, e di film di quel genere a quattordici anni se ne vede un'enormità.
è incredibile quanto fossi convinta delle cose più strane a quell'età.
lundi, décembre 29, 2008
incubo _ la stretta connessione etimologica tra incubo e incubatrice, tra sogno e maternità
una bella mattina mi sono presentata da mia mamma posando sul tavolo della colazione in cucina a Tegge una culla, dicendo in tono affabile e dolce "sei nonna, sei contenta?".
lei un po' spiazzata, guarda me, garda il bambino (credo fosse maschio, la culla era tutta blu) e dice "eeehhh, è tutto suo padre. ma...chi è il padre?" ovviamente nel sogno non c'era un padre, niente gestazione, niente parto se non la parte in cui mi davano il piccolo cosetto in mano e io lo prendevo per la testa, mostrado le mie grandi doti di madre già in sala parto...e facendogli venire la testa un poco a pera, perchè se c'è una cosa che so è che la testa dei bambini è molto delicata e piuttosto malleabile. questa cosa mi ha sempre fatto senso.
insomma, prendo il bambino che è tutto suo padre e lo porgo a mia madre, poi esco, fumo una sigaretta e penso beh, adesso lo lascio alla nonna e faccio tutte le cose che devo ancora fare, perchè non ho mica tempo di passare le mie giornate dietro un piccolo cosetto che piange. poi mi viene il nervoso, invece nonna è contenta. eehh se è contenta.
spengo la cicca e rientro in casa, nonna cucina la neve fritta e piccolo cosetto è nella sua culla che mi guarda fissamente.
poi mi dice "cos'hai da guardare? sembra che tu abbia visto un fantasma. siediti che ne hai un gran bisogno", si alza, va verso la lavagna sul muro, prende un gesso e comincia a scrivere E=mc2
e un sacco di altre formule per dimostrarmi scientificamente che i fantasmi non esistono, e che quindi io non dovrei essere spaventata. perchè, tecnicamente, lui è un bambino, non un fantasma nè un piccolo cosetto, e di stare pure tranquilla che non piangerà e che ha intenzione di fare sempre la spesa e di cucinare lui, almeno finchè non avrà l'obbligo di andare all'asilo a fare finta di interagire con gli altri bambini, sperando che abbiano già tutti smesso di lallare, perchè lui a fingere di lallare proprio non riesce.
Sollevata, faccio per uscire a fumare una sigaretta, piccolo cosetto mi chiama e mi fa: "aspetta, prendo il cappotto e vengo con te se me ne offri una".
lei un po' spiazzata, guarda me, garda il bambino (credo fosse maschio, la culla era tutta blu) e dice "eeehhh, è tutto suo padre. ma...chi è il padre?" ovviamente nel sogno non c'era un padre, niente gestazione, niente parto se non la parte in cui mi davano il piccolo cosetto in mano e io lo prendevo per la testa, mostrado le mie grandi doti di madre già in sala parto...e facendogli venire la testa un poco a pera, perchè se c'è una cosa che so è che la testa dei bambini è molto delicata e piuttosto malleabile. questa cosa mi ha sempre fatto senso.
insomma, prendo il bambino che è tutto suo padre e lo porgo a mia madre, poi esco, fumo una sigaretta e penso beh, adesso lo lascio alla nonna e faccio tutte le cose che devo ancora fare, perchè non ho mica tempo di passare le mie giornate dietro un piccolo cosetto che piange. poi mi viene il nervoso, invece nonna è contenta. eehh se è contenta.
spengo la cicca e rientro in casa, nonna cucina la neve fritta e piccolo cosetto è nella sua culla che mi guarda fissamente.
poi mi dice "cos'hai da guardare? sembra che tu abbia visto un fantasma. siediti che ne hai un gran bisogno", si alza, va verso la lavagna sul muro, prende un gesso e comincia a scrivere E=mc2
e un sacco di altre formule per dimostrarmi scientificamente che i fantasmi non esistono, e che quindi io non dovrei essere spaventata. perchè, tecnicamente, lui è un bambino, non un fantasma nè un piccolo cosetto, e di stare pure tranquilla che non piangerà e che ha intenzione di fare sempre la spesa e di cucinare lui, almeno finchè non avrà l'obbligo di andare all'asilo a fare finta di interagire con gli altri bambini, sperando che abbiano già tutti smesso di lallare, perchè lui a fingere di lallare proprio non riesce.
Sollevata, faccio per uscire a fumare una sigaretta, piccolo cosetto mi chiama e mi fa: "aspetta, prendo il cappotto e vengo con te se me ne offri una".
lundi, décembre 15, 2008
uno sconosciuto al telefono
Una voce solare e brillante, come lui, che non è vero che prende il lexotan ma io quasi ci credo, perchè ha un modo di scherzare come il mio...dice le cose finte come fossero vere, magari dagli occhi si capisce che non le sono ma per telefono credo a tutto quello che mi dice, perchè lo racconta bene ma così bene che.
è una favola moderna, iniziata da pochissimo tempo, un brevissimo frammento di infinita lunghezza d'onda, nata per caso nel mondo virtuale e nelle sue sociali applicazioni che ci stanno imprigionando tutti. tutti meno due, almeno oggi.
una ventata d'aria tiepida in questa fredda giornata la sua voce. che bello!
è una favola moderna, iniziata da pochissimo tempo, un brevissimo frammento di infinita lunghezza d'onda, nata per caso nel mondo virtuale e nelle sue sociali applicazioni che ci stanno imprigionando tutti. tutti meno due, almeno oggi.
una ventata d'aria tiepida in questa fredda giornata la sua voce. che bello!
Inscription à :
Articles (Atom)