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vendredi, novembre 18, 2016

Platonico, intenso, assoluto.

Adesso ho capito esattamente cosa volevi dire.
Una nota mi ha riportato a mesi fa, a tutte quelle emozioni, a quelle sensazioni che non lasciavano spazio nemmeno al respiro, perché l'idea di te -di noi- pervadeva tutto il mio mondo e il mio intorno. Ed era un'illusione. Eravamo i noi immaginari, era una storia vera, realmente immaginaria ed assolutamente, totalmente, pienamente viva. E mi scoppiava il cuore, ti sentivo vibrare in ogni battito, in ogni respiro, perché eri esattamente come ti avevo immaginato. Ci stavamo cercando, da una vita probabilmente.
Poi hai avuto paura.
Io non avevo paura.
Poi ti ho solo detto quello che sentivo.
Poi ti è passata la paura.
Poi ti ho visto in fondo al viale. Ed eri veramente tu.
Non credevo che ti avrei mai visto; non so cosa credevo veramente.
E mi hai sorriso, sei rimasto fermo in fondo al viale, chissà cosa pensavi.
Tremavi forse?
Perché non mi vieni incontro?
Poi mi sei venuto incontro, e ci siamo sorrisi, e ci siamo fusi in quell'abbraccio, così stretto, che sognavamo da tempo, e che chissà quante volte abbiamo immaginato, adornandolo di profumi, di colori, di desideri.
Ci siamo solo stretti forte, perché non c'era bisogno di parole.
E' stato abbastanza mistico?
Sarebbe mai potuto essere all'altezza delle nostre aspettative?
Impossibile, le aspettative erano troppo alte e noi invece siamo solo reali.
Avevi ragione tu.
Poi adesso sono io che ho paura.
Ho paura di farmi traviare dai pregiudizi, e di non essere autentica.
I baci sulla fronte, le carezze, gli sguardi profondi, i nomignoli.
Tutto racconta una storia, racconta di noi, eppure niente è ancora stato scritto.

Pensi di non aver bisogno di protezione finché non ti senti realmente protetta.
Ed è così che io mi sono sentita in quell'abbraccio, protetta. E non so se sono pronta.

vendredi, janvier 30, 2009

a little obsessed by

Stanotte ho sognato che andavo in giro a cercare e provare una marea di scarpe. ballerine nere con dei ricami grigio sporco, ballerine rosse di vernice (queste erano le mie preferite), ballerine con le borchiette, scarpe con tacco alto nere, stivaletti bianchi e neri stile francesina tacco alto, scarpe basse francesine verdine acqua, scarpe con tacco bassino un po' insipidine, stivali...ricordo distintamente un solo negozio, era Pollini, strano perchè io da Pollini non ci ho mai comprato scarpe in vita mia...alla fine, dopo aver girato come una trottola, mi sono svegliata senza avere comprato nulla.
il che rende il sogno decisamente un sogno, perchè io che vado in giro a provare tante scarpe senza comprarne almeno due o tre paia decisamente non sono credibile.
Mi ricordo come fosse ieri la prima notte che ho sognato. da quando sono piccolina ricordo di aver fatto solo incubi, fino a quel giorno. c'era un incubo in particolare poi che mi ha perseguitato per mesi, lo facevo uguale identico tutte le notti, tanto che a sera avevo paura a chiudere gli occhi, cercavo di stare sveglia il più a lungo possibile perchè sapevo cosa mi stava aspettando e non volevo andare dal dentista. che ovviamente un dentista non era...
poi un due di luglio, in una delle mie vacanze cittadine tra il mio soggiorno francese, sono andata a una grigliata, ho respirato a pieni polmoni il profumo del barbecue e mangiato carne, chiacchierato, sentito il caldo delle sere estive sulla pelle...tutte sensazioni che la pioggia bretone aveva lavato via persino dalla mia memoria.
sono tornata a casa felice e mi sono addormentata. al mio risveglio quasi non ci potevo credere...stavo sognando! un sogno vero, bello! non angosciante, niente di allucinato o troppo attinente con la vita reale, ma un sogno vero, fantasia e magia che si prendono per mano e volano in cielo, come danny e sandy sulla macchina dopo la festa di diploma della Rydell.
da quel due di luglio non ho più smesso di sognare.

lundi, décembre 29, 2008

incubo _ la stretta connessione etimologica tra incubo e incubatrice, tra sogno e maternità

una bella mattina mi sono presentata da mia mamma posando sul tavolo della colazione in cucina a Tegge una culla, dicendo in tono affabile e dolce "sei nonna, sei contenta?".
lei un po' spiazzata, guarda me, garda il bambino (credo fosse maschio, la culla era tutta blu) e dice "eeehhh, è tutto suo padre. ma...chi è il padre?" ovviamente nel sogno non c'era un padre, niente gestazione, niente parto se non la parte in cui mi davano il piccolo cosetto in mano e io lo prendevo per la testa, mostrado le mie grandi doti di madre già in sala parto...e facendogli venire la testa un poco a pera, perchè se c'è una cosa che so è che la testa dei bambini è molto delicata e piuttosto malleabile. questa cosa mi ha sempre fatto senso.
insomma, prendo il bambino che è tutto suo padre e lo porgo a mia madre, poi esco, fumo una sigaretta e penso beh, adesso lo lascio alla nonna e faccio tutte le cose che devo ancora fare, perchè non ho mica tempo di passare le mie giornate dietro un piccolo cosetto che piange. poi mi viene il nervoso, invece nonna è contenta. eehh se è contenta.
spengo la cicca e rientro in casa, nonna cucina la neve fritta e piccolo cosetto è nella sua culla che mi guarda fissamente.
poi mi dice "cos'hai da guardare? sembra che tu abbia visto un fantasma. siediti che ne hai un gran bisogno", si alza, va verso la lavagna sul muro, prende un gesso e comincia a scrivere E=mc2
e un sacco di altre formule per dimostrarmi scientificamente che i fantasmi non esistono, e che quindi io non dovrei essere spaventata. perchè, tecnicamente, lui è un bambino, non un fantasma nè un piccolo cosetto, e di stare pure tranquilla che non piangerà e che ha intenzione di fare sempre la spesa e di cucinare lui, almeno finchè non avrà l'obbligo di andare all'asilo a fare finta di interagire con gli altri bambini, sperando che abbiano già tutti smesso di lallare, perchè lui a fingere di lallare proprio non riesce.
Sollevata, faccio per uscire a fumare una sigaretta, piccolo cosetto mi chiama e mi fa: "aspetta, prendo il cappotto e vengo con te se me ne offri una".