dimanche, avril 18, 2021

Proprio a me

Domenica mattina. Faccio le pulizie e ascolto il podcast di Selvaggia Lucarelli, dopo aver tanto rimandato.

Sapevo che avrei trovato parole e situazioni che mi avrebbero risuonato dentro come campane di chiesa in un giorno di festa. 

E infatti eccole lì: scoprire cos'è la chimica, volere una dose, l'ordine maniacale, il controllo ossessivo, la manipolazione, il tappo dell'ammorbidente avvitato male.

La mia grande, grandissima fortuna, è stata solo che queste cose appartenevano a persone diverse. Altrimenti non mi sarei mai salvata.

La chimica, quella non si cancella, e infatti è stata la dipendenza più dura da cui liberarmi. Mi ricordo ancora il suo odore la prima sera che ci siamo conosciuti, non me lo scorderò mai. È stato così inebriante che lui ha iniziato a parlare, e che io ricordi è stata una delle poche pochissime volte in quattro anni che ha parlato di lui, e io non ho ascoltato una sola parola, talmente ero rapita da quei capelli a caso, quella maglia grigia un po' vissuta e quel sorriso sornione da chi sa benissimo che effetto ti sta facendo, e gongola. Mezz'ora dopo eravamo su una panchina a baciarci come i ragazzini, e mezz'ora dopo ancora io ero in piedi contro la mia macchina con il suo corpo schiacciato sul mio e il suo odore addosso. La mattina dopo, quando mi sono svegliata, ero sconvolta. Sapevo benissimo di esserci caduta dentro con tutte le scarpe. E sì, mi sono bucata per quattro anni, se vogliamo dire così, perché ogni messaggio, ogni incontro fugace, erano una dose, il cui effetto durava pochissimo, e già avevo bisogno di averne ancora. Ci vedevamo poco, lui era sfuggente, non abbiamo mai avuto una "storia" vera e propria. Era una relazione sì, ma una relazione completamente diversa da tutte le altre, e questo per me la rendeva speciale. Abitando in due città diverse non avevamo modo di incontrarci per caso, per vederci dovevamo metterci d'accordo. Ho detto no tante volte, una volta ho detto no per quasi un anno, fiera di essere riuscita finalmente ad allontanarmi da questa situazione assurda, che mi faceva stare bene un minuto e male tre giorni. Poi un giorno, fiera di questo traguardo, sono andata al suo locale, e gliel'ho detto, non ero certa di vederlo, perché lui era tutto un forse-nonloso-dipende, ma abbastanza sicura. Ed ero anche abbastanza sicura che avrei gestito la situazione alla grande. Ero seduta al bancone con una mia amica quando è entrato. Si era anche messo il mio maglione preferito. Quando ci siamo guardati mi è bastato un attimo per capire che ero ancora una drogata, volevo una dose, la volevo a tutti i costi. Non esisteva più niente in quel momento, se non lui. Gli ho sfiorato il maglione, e una scarica elettrica mi ha attraversato tutto il corpo, mi è quasi mancato il respiro. "La chimica non si cancella", mi dirà qualche giorno dopo. Lui è sceso per andare in magazzino, io non l'ho seguito, e per farlo ho combattuto con ogni fibra del mio essere. Due giorni dopo però, eravamo insieme. Ci ero ricascata, per l'ennesima volta. E me la raccontavo, e la raccontavo alle mie amiche che non mi hanno mai creduto, neanche per un minuto. Mi va bene così, dicevo, riesco a gestirla, stiamo bene quando siamo insieme e per il resto fa lo stesso, non mi importa se non mi chiama, se non risponde, se scrive quando vuole, se non facciamo progetti e se non usciamo insieme. Balle. Le frequentazioni che avevo nel frattempo erano storie normali, conoscenze con ragazzi carini, a cui però non davo modo di entrare davvero in contatto con me, perché non volevo permettere a nessuno di farmi del male. Non scoprivo il fianco per paura di essere ferita. Eppure con lui soffrivo come un cane, ma era lo Sturm und Drang, era struggente, era un dolore esplosivo, ed era così dannatamente, stupidamente romantico. 

Poi un giorno, un sabato, mi ha scritto questo ragazzo su Instagram, commentando una foto dei miei piedi. Io ho risposto, abbastanza gentilmente, poi dopo un paio di battute ho tirato fuori la frase da copione, ovviamente falsa, mi dispiace ma non sono su piazza. Lui ha prontamente ribattuto, guarda, ti ho scritto perché sei una ragazza interessante, ti seguo perché sei amica di un'amica, non era un gancio. E no certo, mi scrivi per dirmi che bei piedi, mica che bella mostra sei andata a vedere. Vabbè, ho fatto finta di crederci, salutato e sono passata oltre. La settimana dopo la mia droga mi ha scritto di nuovo. sono in città, ci vediamo?

La mattina stessa, mi ha scritto anche il gancio dei piedi, proponendomi un caffè, anche lui in città. Io che sono fissata con i segni dell'universo (il caso non esiste) ho pensato ecco, è l'occasione giusta per smettere. Ho quindi detto no alla mia dose, e sì al caffè. Il caffè si è poi tramutato in pranzo e si è rivelato inaspettatamente piacevole, lui ha tenuto il palco in maniera ineccepibile, sempre con la battuta pronta, sempre con la situazione in mano, reattivo. Io sono arrivata dritta da una lezione di aquafitness, con i capelli ancora bagnati e probabilmente la ricrescita. Non mi interessava niente. Durante il pranzo ho notato alcune piccolezze che lì per lì non mi hanno detto nulla, ma si sono depositate come sassolini da qualche parte. Mi è rimasta solo una sensazione di rigidità addosso, ma mi è passata velocemente quando mi sono rituffata in vasca. Il giorno dopo, domenica, mi stavo dando lo smalto al sole sul terrazzo e caffè mi ha mandato un messaggino, due battute e ci siamo messi d'accordo per andare a pranzo in collina. Ho prenotato in un posto che conoscevo ma in cui non ero mai andata, ho messo un abito leggero, i sandali, non avevo ancora fatto la tinta, e lo smalto era un po' sbavato perché non avevo fatto in tempo a sistemarlo. Ma chissenefrega, ho pensato. O forse neanche ci ho pensato. Il ristorante che avevo scelto era molto più chic di quello che credevo, io ero tranquilla ma lui era stranamente spavaldo e a suo agio, come fosse abituato a frequentare certi ambienti. E infatti così era, lo scoprirò poco più avanti. Scoprirò che era un manager, che lavorava all'estero, che era ricco e che aveva una casa enorme, e bellissima. Perfetta. Non come me, che al ristorante quella domenica mi aveva fatto notare sia la ricrescita che lo smalto sbavato. Lì ogni cosa era al suo posto, e c'era un posto per ogni cosa. Abbiamo iniziato a frequentarci subito, lui veniva a casa mia o io andavo a casa sua appena possibile quando era in Italia, mi scriveva ogni momento possibile, mi mandava un sacco di messaggi vocali. Quando ero a casa sua dovevo rispettare le sue regole, alcune erano esplicite, altre no. Io ero più ribelle, godevo anche dell'imperfezione delle cose, ero più libera, dagli schemi e dai giudizi. Questa cosa da una parte gli piaceva molto, me la invidiava, e dall'altra lo faceva andare giù di testa. Mi diceva che non ero una gran figa, ma che avevo una gran testa. A me sembrava addirittura un complimento. Sono stati mesi che sono sembrati anni, perché vissuti molto intensamente. Mi aveva anche detto, al secondo appuntamento, sappi che io ti tradirò. Mi aveva detto facciamo un figlio, mi aveva detto magari mi propongono di andare a lavorare in America, andiamo insieme. Io avevo detto va bene a tutto. Ero così abituata a condurre io, che avere lui che guidava la mia vita mi andava benissimo. Mi portava a cena in ristoranti costosi, mi faceva regali altrettanto costosi, mi aveva persino spedito un libro in ufficio, con una dedica, mentre era all'estero. Poi mi faceva pesare se al supermercato compravo una senape di marca, o se al ristorante mangiavo tanto, dicendomi, quanto mi costi. Mi umiliava, e poi in un attimo mi riportava in alto. Fiutavo il pericolo, quei sassolini che si erano depositati durante il primo pranzo iniziavano a muoversi e a dare fastidio. Tanto che una sera ho detto alle mie amiche di questa sensazione e le ho pregate di fare una cosa, di avvisarmi se mi avessero vista cambiare. Avvisatemi, prima che sia troppo tardi. Avevo riconosciuto i meccanismi, anche se non mi erano ancora del tutto chiare le conseguenze. Un giorno mentre ero a casa sua e guardavamo una partita di non mi ricordo quale sport, un giocatore ha fatto una mossa sbagliata, e lui ha esultato, perché era della squadra avversaria. Io l'ho guardato stranita e gli ho chiesto se fosse contento, e lui mi ha detto certo, prima i fallimenti degli altri, poi i miei successi. Mi si è gelato il sangue nelle vene, l'ho guardato con disprezzo, e lui se n'è accorto. Sono rimasta chiusa nel mio silenzio per tutto il resto della partita. Non mi sentivo bene, volevo tornare a casa, nella mia casa piccola, calda, e accogliente. Lui poi è dovuto ripartire per lavoro, e io mi sono sentita sollevata. Gli ho detto che avevo bisogno di un po' di tempo e di spazio, perché mi sentivo soffocare. Se non rispondevo ai suoi cinque minuti di vocale nel giro di mezz'ora se la prendeva, non importava che io fossi in ufficio e stessi lavorando. Era diventato un lavoro, dovevo pesare ogni singola parola e ogni gesto, non mi sentivo più libera neanche di usare i social. Ho deciso di lasciarlo, è stato difficile anche quello, ho ricevuto insulti, poi un messaggio ragionato e molto professionale, in cui diceva hai ragione, non siamo innamorati. Era tutto calcolato. Mesi dopo mi ha cercato di nuovo, mi ha lasciato un libro sotto il tergicristallo della macchina, parcheggiata vicino all'ufficio, il giorno di San Valentino. Poi mi ha chiamato e chiesto di vederci per un caffè, parlando di amore incondizionato. Ho rifiutato. Mi ha scritto altri messaggi, a cui non ho mai risposto.

Stamattina, ascoltando il podcast, ho pensato solo una cosa: meno male.


mercredi, février 03, 2021

Come stai _ davvero

"come stai?"

"dimmerda"

"ma vaaaa"

"?"

"ma sì dai, impossibile, una come te"

"..."

"dico, una positiva e solare come te, su"

"eh"

"reagisci, non essere triste!"

"."

Ah beh, allora guarda, adesso che me l'hai detto tu, lo faccio subito. Stupida io, che vado dalla psicologa e la pago per non essere triste, e non ho mai pensato di prendere spunto da un consiglio non richiesto. 

I consigli non richiesti no, per favore no. soprattutto in questi giorni, che c'è freddo, c'è nebbia, è Candelora. c'è una pandemia mondiale pure, e la crisi di governo. I tuoi consigli non richiesti, anche no. Soprattutto se sono cretini. 

Il fatto che io sia una persona solare, sorridente, (quasi) sempre allegra, non significa che io non abbia dei problemi, non soffra, non fatichi a vivere certi giorni più di altri; e guarda guarda, altra grandissima novità, il fatto che ci siano tante persone che stanno peggio di me non mi fa sentire meglio, né rende la mia tristezza meno reale o più gestibile. Mal comune mezzo gaudio è la cosa più cretina del mondo. E il senso di colpa, quello che cerchi di instillarmi dicendo che c'è tanta gente che sta peggio di me, non funziona, perché quel sentimento per fortuna me lo sono levato di dosso con una gran fatica da qualche annetto ormai. Quindi, vatla. 

Come stai è una domanda perigliosa secondo me. Io la faccio con parsimonia, e la faccio in due modi diversi:

1) Come stai (davvero?) che rivolgo ad amiche, amici, conoscenti o colleghi o anche alla commessa del negozio o al libraio in evidente difficoltà o in evidente bisogno di parlare, ma a una condizione: sempre e soltanto se ho davvero davvero davvero intenzione di ascoltare la risposta, empaticamente parlando.

2) Come stai (per finta, era una finta, convenzione sociale, ti prego rispondimi bene grazie e tu, perché tanto come vuoi che vada nel mezzo di una pandemia mondiale e la crisi di governo e la Candelora che non capisco neanche bene cosa stai dicendo sotto la sciarpa, il colletto del cappotto, la mascherina e i capelli in bocca)? che rivolgo a persone di cui sono abbastanza certa non freghi una cippa di come sto io (davvero) e a cui comunque non avrei nessuna voglia di raccontare come sto (davvero), se non per una sadica pulsione a vedere la faccia che farebbero se glielo dicessi davvero (davvero). 

Poi per fortuna, come sempre, c'è il mio colpo segreto del drago nascente: la famiglia  e le amiche, tutte diverse tra loro, che ti danno consigli non richiesti (ma loro me li possono dare, se sono amiche nel primo cerchio dell'amore), ti danno consigli che tu hai dato loro anni prima e che ti tornano indietro come un boomerang (soprattutto quando predichi bene e razzoli malissimo), aspettano in silenzio che sia tu a farti viva e ti spiazzano con la loro sensibilità e dolcezza, ti cazziano se sparisci senza avvisare prima di staccare il telefono manco fossero tua madre, in versione saiyan però. 

Il fatto che io sia conscia e grata di tutte le mie fortune, non rende la tristezza meno triste, o la rabbia meno reale. Piccole cose sono queste, di fronte alla vastità del cielo, certo, ma fanno male lo stesso. e no, non mi sentirò in colpa. fatemi soffrire in santa pace, fatemi urlare, lanciare cose, pure dire le parolacce, che qualche volta un vaffanculo è catartico quanto scrivere. e se non vi garba che oggi questa vita mi dia noia, allora vattelapesca, per dirla alla Caulfield.

Ah, e non chiamarmi nemmeno carina. 



dimanche, janvier 03, 2021

40

 Anche se la risposta è 42.

40 cose del 2020 per cui sono grata:

1_aver fatto l'operazione ai polipi e aver recuperato l'olfatto, 2_aver cambiato lavoro ed essere in un bellissimo team, 3_aver visto Trieste e altri posti nuovi, 4_aver nuotato in mare, 5_aver sostenuto le piccole realtà e gli artigiani, 6_aver fatto la tradizionale vacanza io e C, 7_aver letto tantissimi libri belli, 8_aver fatto per la prima volta i taralli, 9_aver potuto festeggiare il mio compleanno con le mie amiche, 10_essermi goduta le domeniche, 11_la bellezza incredibile della natura, 12_la gentilezza delle persone, 13_la presenza amorevole dei miei genitori, 14_aver conosciuto M ed essermi lasciata stringere forte, 15_aver detto ciò che pensavo davvero, 16_la neve, 17_il mio terrazzo, 18_il sole sulla pelle, 19_il pranzo ad Astino con F, 20_il giro in moto, 21_Salem, 22_S, uno dei regali più belli della mia vita, 23_Milano, 24_Tegge, 25_Cosmo e Calcutta e Coez, 26_il weekend a Pianosa, 27_aver macinato tanti chilometri con la mia Jules, 28_le strade e le autostrade, 29_fotografare il mondo, 30_i mercatini, 31_il personal trainer, 32_aver fatto da testimone a un amore illuminato, salvifico e grandissimo, 33_il parrucchiere, 34_casa, 35_i cappelli, 36_la musica, 37_la Linzer torte, il fuoco del camino, 38_ho parlato con nonna, 39_asciugarsi i capelli al vento, 40_l'azzurro del cielo

40 cose che ho imparato nel 2020:

1_pensare prima di parlare, 2_l'olfatto è un dono meraviglioso, 3_non si finisce mai di imparare, 4_ognuno è meglio di te in qualcosa, in quella cosa impara, 5_se piove, porta l'ombrello, 6_sii gentile, prima di tutto con te stessa, 7_la paura ti impedisce di vivere davvero, 8_il lavoro su noi stessi non finisce mai, 9_la spiritualità va coltivata, 10_vatla con amore, ma vatla, 11_chi vuole esserci c'è, 12_la famiglia è la cosa più preziosa, 13_non aver paura di dire cosa pensi, ma fallo con gentilezza, 14_la nonna era come me, 15_ci sono mille sfumature anche se io non le vedo, 16_la memoria è selettiva, 17_siamo il frutto delle nostre decisioni, 18_il passato è passato, 19_l'universo ci guida, i segnali ci sono sempre, sta a noi leggerli, 20_sii umile, 22_le parole possono fare tanto male, 21_il corpo ha memoria, 22_abbassare le barriere è difficile, ma si può fare, 23_avere fede, 24_camminare scuote il cervello, le idee e i pensieri, 25_ascoltare con il cuore apre mondi sconosciuti, 26_leggere apre la mente, 27_è tutta questione di prospettiva, 28_si può viaggiare anche con il pensiero, 29_se fai del bene ti torna indietro, 30_la bellezza salverà il mondo, 31_rispetta tutti, 32_i 101 desideri sono difficilissimi da scrivere, 33_scambiare i devo con i voglio può risolvere tanti problemi, 34_gli amici sono le nostre ancore, 35_la vita è un'avventura meravigliosa, 36_siamo di passaggio, 37_ogni alba è una nuova opportunità, 38_i fiori vanno annaffiati, 39_lasciarsi andare, 40_la potenza della delicatezza. 

samedi, janvier 02, 2021

La potenza della delicatezza

 Pochi giorni fa ho visto una storia su Instagram di una mia ex collega, una foto di un fiore colorato, su un ramo, in un quadro innevato, con la didascalia "la potenza della delicatezza".

Mi ha colpito così tanto che ci penso da allora, e da allora in tutti i giri che ho fatto ho notato dei boccioli di rosa in mezzo alla neve, soprattutto ieri, che sono stata colta da una tempesta di neve a metà del mio giro. E per fortuna. Ma questa è un'altra storia, e la racconterò un'altra volta. 

La potenza della delicatezza. Un pensiero che spalanca mondi, e che è esattamente come lei, come la ragazza che l'ha scritto. Lei è un fiore, di quelli che rompono il cemento per sbocciare, di quelli che colorano le tele dei giorni imbiancati dalla neve, di quelli che solo a guardarli troppo hai timore di sciupare. Quando lavoravamo nello stesso posto non eravamo amiche, ci incontravamo negli spazi comuni, e neanche tanto spesso, perché avevamo vite lavorative piuttosto differenti, ma ogni volta c'era un sorriso, dietro quel corpo minuto e quegli occhi grandissimi pieni di luce. Poi lei ha cambiato strada, e i social hanno fatto quello che sanno fare meglio, hanno avvicinato i nostri mondi, anche se restano distanti. Voglio solo dirti grazie J, per la delicatezza che metti in ogni tuo passo in questo strano mondo, per i sorrisi leggeri e le riflessioni profonde che leggerti mi dona.

Io, che delicata non sono e non lo sono stata mai, mi sono resa conto che la potenza della delicatezza è una bomba, una bomba floreale, una bomba d'amore, una cosa che voglio sperimentare in questo nuovo anno. Voglio esercitare la delicatezza, prima di tutto verso me stessa, poi verso il mondo e verso gli altri.

La delicatezza salverà il mondo?

Magari. 


jeudi, décembre 31, 2020

This is the end_don't call me baby

Non chiamarmi tesoro.

Non chiamarmi tesoro se non sono davvero il tuo tesoro. Non chiamarmi amore, stella, stellina, amo, teso. Non lo sono. Lo sarò se ti prenderai la responsabilità di curarti di me, come se fossi davvero il tuo tesoro.

Altrimenti, fuck. Baby. 

With great power, comes great responsibility. 

Questo 2020 è stato faticosissimo. è iniziato con un'anestesia totale, prima della quale ho lasciato un biglietto con qualcosa da dire a qualcuno, e l'ho dato a una delle persone più belle nella mia vita. Adesso molte di quelle frasi non hanno senso, non ha senso niente per me in questo preciso momento. Sono entrata in ospedale con un mondo normale, sono uscita con una pandemia mondiale, che ha avuto ondate, ha trasformato le persone nelle versioni sayan di loro stesse e ha tracciato solchi così profondi che sembra impensabile possano essere colmati.

Sono stanca, stanca di vivere. Sono arrabbiata, sono triste, rabbiosa se penso a tanto di quello che ho visto, letto, ascoltato. sento il sangue ribollire in sottofondo, ma è una sensazione così forte e profonda che consciamente non porto in superficie per timore. Penso che potrei prendere fuoco. 

Questo 2020 è stato anche un anno bellissimo per certi versi, fatto di momenti incredibili, colpi di culo pazzeschi, incontri illuminati, posti incantati e sentimenti ritrovati. 

Insight.

Ho pianto tantissimo, riso tantissimo, amato fortissimo. Scopato pochissimo. Mangiato tantissimo, letto moltissimo. 

Ho un gatto nero. 

Sono felice che finisca il 2020, non posso dire altrettanto per il mondo invece. Vorrei godermi certe cose ancora un po'. i tacchi, l'estate, viaggiare, ridere, mangiare e ubriacarmi con mia sorella e le mie amiche, vedere un altro film degli Avengers (anche se senza Tony non è la stessa cosa), innamorarmi e fare l'amore. 

Ho imparato un sacco di cose, e ho voglia di impararne tante altre, tra cui andare in moto e fare la verticale. La verticale è la cosa che più mi spaventa, che penso che non imparerò mai. La verticale è la mia bestia nera. Vorrei anche tornare ad essere autentica, che mi sento impolverata.

Sono triste anche io, Fra. E anche io adesso vorrei essere con te, un salame, un Martini, e The Holiday. Ti voglio bene, e mi manchi. Mi manchi così forte che se ci penso mi si crepa il cuore. Ho issato delle barriere così alte che quando me ne rendo conto (tipo prima, quando ci siamo scritte) mi vengono i brividi.

Invece di fare ottomila propositi per l'anno prossimo, ne faccio uno solo, e me lo urlo in faccia da sola, come farebbe la vita:

Tira giù le barriere, vivi.

mardi, décembre 12, 2017

Grazie per la neve

Sono frastornata.
Sono stata frastornata, scettica, indecisa, poi ho lasciato fare, poi mi sono lasciata trasportare, mi sono lasciata baciare ed è stato bellissimo. Non me lo aspettavo. Non mi aspettavo né di trovarmi così bene, né quel bacio sotto casa.
Dicevano le stelle di fare solo il 25%, e di lasciare fare tutto il resto all'universo. siccome che a me il 25% mi pareva troppo, ho optato per un più morigerato 19%, e il risultato è che domenica ho passato una delle giornate più spaventosamente belle della mia vita.
Avete presente quando si dice "bello da paura"? Ecco, ho capito il senso solo quando sono tornata a casa la sera. Non ho chiuso occhio, avevo il battito accelerato ed ero letteralmente in preda all'ansia. Uguale ieri, uguale stanotte. poi stamattina finalmente ci siamo chiariti, e ho scoperto che l'ansia era condivisa. due cretini, in preda all'ansia per la troppa complicità.
Avete presente quando si dice "bruciare le tappe"?
(che io pensavo, cosa vuoi mai bruciare, fai quello che senti quando lo senti, mica ci son tappe da bruciare, o altre sterpaglie)
Ecco, le tappe da bruciare si bruciano eccome. Noi ne abbiamo bruciate almeno quindici in una domenica innevata. La neve dai, santicorbezzoli, pure la neve!!!
"esco a fare due passi"
"ma nevica fortissimo"
"appunto"
Ora la domanda da un milione di dollari è: si può rallentare?
O forse, se è vero che abbiamo bruciato le tappe, le tappe si possono raschiare dal bruciato e ripercorrerle?
Della serie, why make it simple when you can make it complicated.

Comunque vada, grazie per la neve.

lundi, mai 15, 2017

Basta che funzioni

Che sì, è un film di Woody Allen, e no, non mi sto riferendo a una relazione, almeno non in questo preciso istante. Una "perturbazione dolorosa, più forte di ogni istanza moderatrice del volere", così la chiamava Gadda, la depressione.
Ad oggi, ancora, una definizione universale di depressione non esiste. E come potrebbe? è così diversa, così unica, così ramificata, strisciante, oscura, che sfugge da ogni schema e da ogni struttura, e non la puoi incasellare.
Mi ricordo ancora la prima volta che ebbi un attacco di panico: ero da un avvocato con un'amica, a un certo punto ho sentito le gambe mancare, la testa leggera, non riuscivo più a respirare e mi sentivo morire, vedevo grigio e le pareti dello studio si chiudevano piano piano addosso a me, volevo scappare ma ero paralizzata.
Se fossi riuscita a partorire un qualunque pensiero - a parte adesso muoio - avrei sicuramente pensato che era un calo di pressione, che dall'alto dei miei valori 90 su 40, ci poteva benissimo stare come scusa.
Poi una voce. Ero stesa su un divano, con le gambe in su, ho visto i lunghi riccioli neri dell'avvocatessa, e sentito la sua voce decisa che, quando ha visto che stavo tornando al mondo, mi ha apostrofato con: "lo sai vero che hai appena avuto un attacco di panico?"
Non lo sapevo proprio.
Poi son tornata a casa, ho googolato i sintomi ed è venuto fuori "attacco di panico".
Non credo che gli attacchi di panico e la depressione siano collegati, ma mi ricordo la difficoltà estrema di spiegare a una persona che di attacchi non ne ha mai avuti, cosa si prova durante quei momenti.
Ti guardano profondamente e con tono molto profondo ti dicono "capisco benissimo cosa vuoi dire".
E invece non hanno capito una mazza, la gente.
Ma non perché sono stupidi, cattivi o poco empatici.
L'attacco di panico è oscuro e strisciante, e anche se non c'è nulla di cui vergognarsi, quando lo racconti un po' scemo ti senti, e questo fa sì che se non sei uno che se ne frega del giudizio degli altri, alla terza, quarta o se sei tenace all'ottava o nona volta, non hai più voglia di sentirti scemo condividendo un momento così intimo e doloroso, e smetti di farlo.
Ecco, quello è il momento in cui l'attacco di panico si ciba di te e si rifà forte, si nutre delle tue paure e l'oscurità ti inghiotte di nuovo.
La depressione probabilmente è simile da questo punto di vista. E invece va condivisa, io mi sento di dire. Io, che come prima cosa mi sono chiusa in me stessa e mi sono isolata dal mondo. Proprio io, che parlo persino con i sassi.
Poi una mattina, l'ennesima che non mi volevo alzare, perché di scalare quella montagna sotto diecimila gradi senza borraccia proprio non ne volevo sapere, ho messo una mano fuori dalle coperte, ho preso il telefono, ho mandato un messaggio alla mia amica e le ho scritto:
"non riesco neanche ad alzarmi dal letto, credo di essere depressa. aiuto".
Lei ovviamente lo sapeva già, e sapeva anche che sarebbe stato inutile dirmi quoiquecesoit, perché tanto non l'avrei ascoltata, chiusa nel mio isolamento come ero.
Oggi ho scritto dieci pagine di lista di gratitudine, e mi son fermata solo perché devo fare la valigia, perché altrimenti andrei avanti a oltranza.
Ma le ultime due voci le voglio dedicare a voi, attacchi di panico e depressione, perché senza di voi, oggi non avrei scritto dieci pagine di felicità.