Che sì, è un film di Woody Allen, e no, non mi sto riferendo a una relazione, almeno non in questo preciso istante. Una "perturbazione dolorosa, più forte di ogni istanza moderatrice del volere", così la chiamava Gadda, la depressione.
Ad oggi, ancora, una definizione universale di depressione non esiste. E come potrebbe? è così diversa, così unica, così ramificata, strisciante, oscura, che sfugge da ogni schema e da ogni struttura, e non la puoi incasellare.
Mi ricordo ancora la prima volta che ebbi un attacco di panico: ero da un avvocato con un'amica, a un certo punto ho sentito le gambe mancare, la testa leggera, non riuscivo più a respirare e mi sentivo morire, vedevo grigio e le pareti dello studio si chiudevano piano piano addosso a me, volevo scappare ma ero paralizzata.
Se fossi riuscita a partorire un qualunque pensiero - a parte adesso muoio - avrei sicuramente pensato che era un calo di pressione, che dall'alto dei miei valori 90 su 40, ci poteva benissimo stare come scusa.
Poi una voce. Ero stesa su un divano, con le gambe in su, ho visto i lunghi riccioli neri dell'avvocatessa, e sentito la sua voce decisa che, quando ha visto che stavo tornando al mondo, mi ha apostrofato con: "lo sai vero che hai appena avuto un attacco di panico?"
Non lo sapevo proprio.
Poi son tornata a casa, ho googolato i sintomi ed è venuto fuori "attacco di panico".
Non credo che gli attacchi di panico e la depressione siano collegati, ma mi ricordo la difficoltà estrema di spiegare a una persona che di attacchi non ne ha mai avuti, cosa si prova durante quei momenti.
Ti guardano profondamente e con tono molto profondo ti dicono "capisco benissimo cosa vuoi dire".
E invece non hanno capito una mazza, la gente.
Ma non perché sono stupidi, cattivi o poco empatici.
L'attacco di panico è oscuro e strisciante, e anche se non c'è nulla di cui vergognarsi, quando lo racconti un po' scemo ti senti, e questo fa sì che se non sei uno che se ne frega del giudizio degli altri, alla terza, quarta o se sei tenace all'ottava o nona volta, non hai più voglia di sentirti scemo condividendo un momento così intimo e doloroso, e smetti di farlo.
Ecco, quello è il momento in cui l'attacco di panico si ciba di te e si rifà forte, si nutre delle tue paure e l'oscurità ti inghiotte di nuovo.
La depressione probabilmente è simile da questo punto di vista. E invece va condivisa, io mi sento di dire. Io, che come prima cosa mi sono chiusa in me stessa e mi sono isolata dal mondo. Proprio io, che parlo persino con i sassi.
Poi una mattina, l'ennesima che non mi volevo alzare, perché di scalare quella montagna sotto diecimila gradi senza borraccia proprio non ne volevo sapere, ho messo una mano fuori dalle coperte, ho preso il telefono, ho mandato un messaggio alla mia amica e le ho scritto:
"non riesco neanche ad alzarmi dal letto, credo di essere depressa. aiuto".
Lei ovviamente lo sapeva già, e sapeva anche che sarebbe stato inutile dirmi quoiquecesoit, perché tanto non l'avrei ascoltata, chiusa nel mio isolamento come ero.
Oggi ho scritto dieci pagine di lista di gratitudine, e mi son fermata solo perché devo fare la valigia, perché altrimenti andrei avanti a oltranza.
Ma le ultime due voci le voglio dedicare a voi, attacchi di panico e depressione, perché senza di voi, oggi non avrei scritto dieci pagine di felicità.