"come stai?"
"dimmerda"
"ma vaaaa"
"?"
"ma sì dai, impossibile, una come te"
"..."
"dico, una positiva e solare come te, su"
"eh"
"reagisci, non essere triste!"
"."
Ah beh, allora guarda, adesso che me l'hai detto tu, lo faccio subito. Stupida io, che vado dalla psicologa e la pago per non essere triste, e non ho mai pensato di prendere spunto da un consiglio non richiesto.
I consigli non richiesti no, per favore no. soprattutto in questi giorni, che c'è freddo, c'è nebbia, è Candelora. c'è una pandemia mondiale pure, e la crisi di governo. I tuoi consigli non richiesti, anche no. Soprattutto se sono cretini.
Il fatto che io sia una persona solare, sorridente, (quasi) sempre allegra, non significa che io non abbia dei problemi, non soffra, non fatichi a vivere certi giorni più di altri; e guarda guarda, altra grandissima novità, il fatto che ci siano tante persone che stanno peggio di me non mi fa sentire meglio, né rende la mia tristezza meno reale o più gestibile. Mal comune mezzo gaudio è la cosa più cretina del mondo. E il senso di colpa, quello che cerchi di instillarmi dicendo che c'è tanta gente che sta peggio di me, non funziona, perché quel sentimento per fortuna me lo sono levato di dosso con una gran fatica da qualche annetto ormai. Quindi, vatla.
Come stai è una domanda perigliosa secondo me. Io la faccio con parsimonia, e la faccio in due modi diversi:
1) Come stai (davvero?) che rivolgo ad amiche, amici, conoscenti o colleghi o anche alla commessa del negozio o al libraio in evidente difficoltà o in evidente bisogno di parlare, ma a una condizione: sempre e soltanto se ho davvero davvero davvero intenzione di ascoltare la risposta, empaticamente parlando.
2) Come stai (per finta, era una finta, convenzione sociale, ti prego rispondimi bene grazie e tu, perché tanto come vuoi che vada nel mezzo di una pandemia mondiale e la crisi di governo e la Candelora che non capisco neanche bene cosa stai dicendo sotto la sciarpa, il colletto del cappotto, la mascherina e i capelli in bocca)? che rivolgo a persone di cui sono abbastanza certa non freghi una cippa di come sto io (davvero) e a cui comunque non avrei nessuna voglia di raccontare come sto (davvero), se non per una sadica pulsione a vedere la faccia che farebbero se glielo dicessi davvero (davvero).
Poi per fortuna, come sempre, c'è il mio colpo segreto del drago nascente: la famiglia e le amiche, tutte diverse tra loro, che ti danno consigli non richiesti (ma loro me li possono dare, se sono amiche nel primo cerchio dell'amore), ti danno consigli che tu hai dato loro anni prima e che ti tornano indietro come un boomerang (soprattutto quando predichi bene e razzoli malissimo), aspettano in silenzio che sia tu a farti viva e ti spiazzano con la loro sensibilità e dolcezza, ti cazziano se sparisci senza avvisare prima di staccare il telefono manco fossero tua madre, in versione saiyan però.
Il fatto che io sia conscia e grata di tutte le mie fortune, non rende la tristezza meno triste, o la rabbia meno reale. Piccole cose sono queste, di fronte alla vastità del cielo, certo, ma fanno male lo stesso. e no, non mi sentirò in colpa. fatemi soffrire in santa pace, fatemi urlare, lanciare cose, pure dire le parolacce, che qualche volta un vaffanculo è catartico quanto scrivere. e se non vi garba che oggi questa vita mi dia noia, allora vattelapesca, per dirla alla Caulfield.
Ah, e non chiamarmi nemmeno carina.